Barbour spegne 130 candeline e racconta cosa significa oggi essere un “heritage brand”. Fondato nel 1984, lo storico marchio deve il suo nome a John Barbour, giovane scozzese che attraversò il confine per stabilirsi a South Shields, nel nord-est dell’Inghilterra, scorgendo l’opportunità di produrre impermeabili che proteggessero i marinai che vivevano nella città portuale. Dopo 130 anni di storia, Barbour è ben lontano dall’essere associato soltanto al mondo della navigazione e della pesca, diventando un marchio anche urbano e dalla vocazione più generalista, sempre però legato all’idea di impresa familiare, capitata dalla figura di Dame Margaret Barbour, che ne è presidente.
Dalla campagna alla città, Barbour ha vestito uomini e donne qualunque ma anche personaggi noti di ogni ambito, fino ai reali inglesi: “Noi non siamo un brand di lusso, siamo un heritage brand, che è ben diverso”. A dirlo è Nicola Brown, dal 2020 entrata nelle fila della maison in qualità di head of womenswear, e che ha raccontato a Pambianconews, nella cornice londinese scelta per festeggiare l’anniversario, cosa significa farsi strada nell’immaginario di un marchio così spiccatamente connotato mantenendone quanto più possibile l’eredità, appunto, inalterata, ma in modo sempre dialogante con il tempo presente.
“Il nostro è un heritage che diventa sempre più speciale con il passare degli anni. Avevamo celebrato i 125 anni, e ora siamo arrivati a contarne 130, ma il brand non fa che migliorare e arricchirsi, traendo nuova linfa vitale anche da tutte le collaborazioni che riesce a tessere”. Da Alexa Chung a Gucci fino a Chloé e Ganni, passando per Tokito Yoshida e Margaret Howell: sono innumerevoli i nomi che, nel corso degli anni, si sono avvicendati nel reinterpretare il dna di Barbour, imprimendo la propria identità stilistica su quella di un classico che “cambia forma e si adatta alla storia ma resta sempre se stesso, proprio per questo è un classico”.
Per celebrare celebrare la pietra miliare dei 130 anni il marchio, in Italia in orbita a Wp Lavori in Corso (da quarant’anni, che segnano un altro anniversario), ha anche lavorato a una collezione in edizione limitata che riscrive i classici modelli d’archivio in una chiave pensata per la contemporaneità, fregiati con finiture dorate e foderate con un dress gordon tartan più prezioso scelto ad hoc per l’anniversario. L’obiettivo è, ancora una volta, quello della longevità e della classicità: “Il cuore della nostra offerta – ha proseguito Brown – sono i classici senza tempo: capi d’investimento, pezzi che compri oggi ma che indosserai anche domani o che lascerai in eredità alla tua famiglia”.
E riguardo alla inevitabile tensione tra vecchio e nuovo, innovazione e conservazione, che caratterizza il lavoro creativo di un brand ‘classico’, la creativa racconta: “Sarei tesa all’idea di creare da zero qualcosa di completamente nuovo: l’eredità dell’azienda fa così parte della sua identità e della sua immagine che rende necessario esserne rispettosi. L’archivio è una fucina pressoché inesauribile di ispirazioni e spunti, da quanto è vasto. Ogni volta che guardo quella giacche di ieri, scorgo un particolare che può avere qualcosa da dire anche oggi, con il giusto taglio e silhouette. Spesso sono anche attraverso le voci che reclutiamo nelle nostre collaborazioni a restituire coralità e versatilità al nostro repertorio”.
A cambiare nella contemporaneità, non solo i gusti dei consumatori ma anche i consumatori stessi. Difficile dunque, spiega la designer, tratteggiare un cliente-tipo: “Il nostro target è estremamente ampio ed eterogeneo”. A indossare un Barbour potrebbe essere, infatti, complice l’accessibilità che lo allontana dalla casella luxury, “uno studente universitario, un giovane tra i trenta e i quarant’anni o una persona più matura”. E non c’è limite geografico, perché se è vero che il brand “incarna l’estetica della ‘britishness'”, a cui è profondamente legato, è altrettanto vero che “viene indossato a Milano, a Parigi o New York, ovunque, che piova o ci sia il sole”.
La donna, in particolare, ricopre un ruolo chiave nel processo creativo di Brown e rappresenta un target in evoluzione: “In media la nostra consumatrice tipo è un po’ più giovane e ciò ha contribuito a sdoganare il Barbour in qualunque occasione. Non è detto che, proprio sull’onda di questa spinta generalista e orientata ai giovani, il prossimo segmento a decollare non sia proprio quello del bambino”.
L’autunno/inverno 2024 segna anche un altro anniversario per il marchio britannico: i primi trent’anni della giacca ‘Liddesdale’, disegnata personalmente da Dame Margaret Barbour nel 1994. Anche per questa ricorrenza, il brand ha disegnato una capsule in edizione limitata che abbraccia cinque nuovi modelli trapuntati a rombi, con la caratteristica forma a punta di diamante, nel classico verde oliva e in versione blu navy, per uomo e donna. Ma non solo: a Londra, nel cuore di Covent Garden, fino al prossimo 13 ottobre è aperto al pubblico il ‘Barbour Quilted Cube’, una mostra pop-up che ripercorre la storia della giacca, che prende il nome dalla valle di Liddesdale, originariamente nata per l’equitazione e poi trasformata in capo ‘metropolitano’.
Oltre alla retrospettiva, in mostra anche tredici giacche ‘Re-Loved’ su misura, create da personalità della moda affini e vicine al marchio tra cui Sir Paul Smith, Ganni, David Gandy e Roksanda, esposte a rotazione e diventate pezzi unici a partire da giacche Liddesdale. Lanciato, inoltre, anche il servizio ‘Quilt for Life’ che, appoggiandosi alla fabbrica del marchio a South Shields, punta a prolungare la vita dei capi a marchio Barbour a vantaggio della clientela.
“Nel 1994 c’era già un piccolo numero di trapunte nella gamma – racconta Dame Margaret Barbour -. Ma è stata la ‘Liddesdale’, con il suo caratteristico esterno leggero a rombi, le tasche capienti e il colletto in corda, a catturare l’attenzione dei nostri clienti. La ‘Liddesdale’ è una giacca molto pratica, ideale per la primavera e l’autunno, quando il tempo inizia a cambiare. Inizialmente ho portato la ‘Liddesdale’ come giacca da campagna, ma ho capito subito che sarebbe diventata popolare anche in città grazie alla sua versatilità: può essere indossata ovunque. Sono molto orgogliosa che a distanza di 30 anni continui a essere un bestseller”.
Intanto il brand, che si era lasciato alle spalle un 2023 in crescita (+19,7%), con un giro d’affari pari a 343,1 milioni di sterline, “ha in cantiere un grande piano di espansione in Europa, in particolare in Italia”, raccontava la creative director. “In Italia – ha proseguito – abbiamo una lunga partnership distributiva alle spalle, i cui risultati ci stupiscono di stagione in stagione”. In programma, infatti, anticipa il brand, un’apertura a Venezia e la rilocazione di uno dei due store milanesi a insegna Barbour, il più piccolo, destinato a traslocare in uno spazio più grande. Ancora a Milano, in arrivo nella seconda metà di ottobre anche un pop-up in Rinascente, che per tre settimane dedicherà al brand tre piani del proprio building.