Lo sportswear per la seconda metà del 2024 conferma un certo dinamismo. Dopo una flebile crescita del 2% nel 2022, secondo gli analisti di McKinsey nel 2023 l’industria dello sportswear è tornata a crescere con un cagr del 6% e vedrà un’accelerata fino al 7-8% al 2030 guidata dall’affermarsi di nuovi brand, dai mercati del Nord America e, seppur con un rallentamento dell’1% rispetto al biennio 2022-2023, dall’Asia-Pacifico. Per un settore che Euromonitor ha stimato raggiungerà un valore di circa 400 miliardi di dollari al 2024 e che sfiorerà i 540 miliardi nel 2030, Statista stima una crescita del 37% per l’abbigliamento sportivo e del 23% per le scarpe sportive. Questo rialzo è dettato principalmente dal successo della tendenza athleisure, da una maggiore attenzione al benessere e da un generale crescente interesse per lo sport a tutti i livelli. “Il mercato continua a crescere più velocemente di quello dell’abbigliamento e delle calzature perché l’abbigliamento sportivo è sempre più utilizzato per occasioni non sportive”, spiega a Pambianconews Aneesha Sherman, senior analyst apparel & speciality retail di Bernstein.
Questo stesso dinamismo ha delineato un nuovo riassetto nello scacchiere dei brand che ha visto un brusco stop per Nike, un ritrovato slancio per Adidas e brand fin ora considerati marginali conquistare una cospicua parte di quote di mercato. “Dopo due anni deboli, ora Adidas sta cavalcando il trend delle Terrace (Samba, Gazelle) che hanno portato ad una crescita consistente. Nike viene invece da un periodo positivo ma manca di innovazione di prodotto, per cui la crescita è molto più debole a partire da una base molto alta. Questo ha un impatto sui rispettivi multipli di mercato, dove Adidas ha un prezzo superiore mentre Nike è ai minimi da 10 anni. Ora l’obiettivo di Nike è ritrovare lo slancio attraverso i suoi prodotti”, aggiunge Sherman. Pur mantenendo il primato nello sportswear con 2023 chiuso a 51,4 miliardi (pari a 46 miliardi di euro al cambio attuale), per il colosso dell’Oregon, il 2024 è l’esercizio peggiore degli ultimi 25 anni, come dimostrano i risultati del quarto trimestre, attestati a 12,6 miliardi di dollari, in calo del 2 per cento. A trascinare in basso i conti di Nike, il brand Converse che segna una perdita del 18% a 480 milioni di dollari rispetto e lo stop della Cina che nell’ultimo biennio ha perso circa il 13% del fatturato. Mentre è al ribasso anche l’outlook del 2025, l’unico segno positivo per Nike sono gli utili che salgono a +45% per 1,5 miliardi grazie al piano di risparmio che ha visto la chiusura di 150 negozi e il licenziamento di quasi 1.600 dipendenti. I mancati obiettivi negli ultimi tre mesi dell’anno fiscale 2023-2024 hanno avuto conseguenze dirette in Borsa dove il titolo è crollato di oltre dodici punti percentuali dopo l’ultima trimestrale. Secondo gli analisti, alla base della flessione di Nike c’è la strategia di marketing che negli ultimi anni ha fatto leva su scarsità e nostalgia, con modelli in edizione limitata e collaborazioni con marchi di lusso. Ma dalla pandemia in poi le persone hanno cominciato a privilegiare l’acquisto di scarpe comode e utili rispetto a quelle esteticamente accattivanti e questo ha invece premiato aziende come Adidas che hanno investito sullo sviluppo di nuovi modelli, puntato su target specifici o promosso prodotti cult. Il colosso dello sport tedesco ha infatti chiuso il secondo trimestre del 2024 a +9% con ricavi a 5,8 miliardi di euro trainati proprio dalle calzature, in rialzo del 17 per cento. Adidas ha inoltre gestito con successo le ricadute finanziarie derivanti dalla conclusione della partnership con Yeezy aggiudicandosi ricavi per 400 milioni di euro dalle vendite delle rimanenze di magazzino, compensando così le perdite iniziali. Un clima positivo che si è riversato anche alla Borsa di Francoforte dove Adidas negli ultimi sei mesi ha visto un rialzo di oltre il 19%, con una capitalizzazione di 39,08 miliardi di euro. Adidas però deve ancora stare all’erta, visto che i marchi più piccoli stanno guadagnando terreno, soprattutto nel running e nell’outwear.
Secondo una ricerca condotta da RBC Capital Market, i brand emergenti dell’abbigliamento sportivo come Hoka, Lululemon e On stanno progressivamente acquisendo nuove quote di mercato globale passando dal 20% nel periodo 2013-2020, al 35% nel 2023. Questi stessi hanno visto i loro titoli in Borsa balzare a doppia cifra dall’inizio dell’anno. On e Hoka, ma anche Asics e Lululemon sono diventati marchi sfidanti per i top player dello sport, ovvero Nike, Adidas e Puma. Negli ultimi anni i brand storici si sono concentrati principalmente sulla loro offerta lifestyle e questo ha creato l’opportunità per i concorrenti di affermarsi in categorie più tecniche, come il caso di Lululemon per lo yoga o di On per la corsa. Come illustra Statista, in risposta a queste nuove richieste, il brand sportswear più promettente del 2024 per il footwear sarà Asics per cui si prevede una crescita delle vendite del 14,9%, seguito da Deckers Outdoor Corporation, società madre di Hoka, che crescerà dal 8,2% e da Adidas che si stima chiudere l’anno a +7%, sia per footwear sia per l’abbigliamento. Per l’abbigliamento, invece, svetta la società cinese 361 Degrees International Limited con previsioni di crescita annuale di 20 punti percentuali e che dopo il successo nel mercato asiatico, adesso punta ad Occidente. Più che positive le proiezioni di Statista anche per Lululemon che nel panorama dell’apparel è seconda solo alla società cinese per percentuale di crescita (14%). Sempre dalla Cina l’azienda Li Ning Company Limited specializzata in abbigliamento sportivo, vedrà una crescita del 10,5 per cento. “Oggi la sfida dei brand sportswear è passare da una singola categoria a leader di mercato globale: così Lululemon sta puntando a nuovi target e On ha avviato l’espansione verso l’abbigliamento e le calzature lifestyle”, chiosa l’esperta di Bernstein.