Dopo le indiscrezioni dello scorso giugno, Bernard Arnault conferma di aver acquisito una quota di Richemont a titolo personale. In un’intervista trasmessa dalla Cnbc lo scorso venerdì, il magante francese, a capo di Lvmh, ha confermato il suo ingresso nella holding svizzera con una “piccola quota”, che nulla avrebbe a che vedere con i futuri piani di espansione del suo gruppo (che nel frattempo ha chiuso un secondo trimestre con ricavi in calo dell’1%), dissipando così i tanti dubbi che aveva sollevato la stampa di settore rispetto a un coinvolgimento più ampio.
“Conosco bene il proprietario di Richemont, il signor Johann Rupert – ha affermato, secondo quanto riportato da BoF, Arnault nell’intervista -. Abbiamo un buon rapporto e gli ho detto che non farò mai nulla contro di lui. Questo è chiaro”. Più volte infatti il numero uno di Richemont, il miliardario sudafricano Johann Rupert (che controlla il 51% dei diritti di voto nonostante possieda solo il 10,2% del capitale aziendale), ha sottolineato il suo desiderio di voler tenere il gruppo indipendente.
Secondo quanto riportato da Bloomberg la quota farebbe parte di un portafoglio più ampio di investimenti che la famiglia farebbe in società quotate in borsa. Difficile quindi immaginare una lontana acquisizione, anche perché il maxi deal potrebbe suscitare l’attenzione dell’Antitrust, essendo anche Lvmh molto presente nel settore della gioielleria con i marchi come Tiffany, Bulgari e Chaumet oltre che le varie linee di preziosi delle sue maison. “(Rupert, ndr) ha fatto qualcosa di fantastico con Richemont, con Cartier, con Van Cleef e credo che sia indipendente, che voglia rimanere indipendente e su questo sono completamente d’accordo”, ha aggiunto Arnault.
Nella prima metà dell’anno, il gruppo d’Oltralpe ha archiviato un turnover a quota 41,7 miliardi di euro, in calo dell’1% a cambi correnti (+2% a valuta costante) rispetto allo stesso periodo del precedente esercizio. Gli utili del gruppo, cui fanno capo oltre 75 marchi, sono stati di 7,2 miliardi, in decrescita del 14 per cento. Il numero uno del lusso ha comunicato che Europa e Stati Uniti hanno realizzato una crescita a perimetro e valuta costanti, il Giappone ha registrato una crescita dei ricavi a due cifre mentre il resto dell’Asia riflette la forte crescita della spesa dei clienti cinesi nel Vecchio Continente e nel Paese del Sol Levante. Nel solo secondo trimestre la crescita organica dei ricavi è stata dell’1 per cento, sfiorando i 21 miliardi (nel primo trimestre le vendite erano cresciute del 3 per cento).