Il Paese del Sol Levante torna a rappresentare il traino dell’Asia. Dopo un periodo ‘all’ombra’ delle economie più ‘frizzanti’ di Cina e Corea del Sud, in Giappone il mercato del lusso sta registrando una crescita delle vendite a due cifre – come riporta nns magazine, secondo Bain & Company il valore del mercato del lusso giapponese lo scorso anno era di 31 miliardi di dollari (oltre 28 miliardi di euro), in aumento del 27% anno su anno a tassi di cambio costanti – complice la debolezza dello yen sul dollaro (ha toccato il minimo degli ultimi 38 anni), e il conseguente aumento dei flussi turistici internazionali che approfittano dei tassi di cambio favorevoli. “Il rapido deprezzamento dello yen ha reso relativamente più conveniente acquistare in Giappone, e abbiamo sentito da molti marchi che il rapporto di inbound è aumentato e sta continuando la sua tendenza di crescita anche dopo il Covid”, commentano a Pambianconews le esperte Keiko Kihira, managing director e partner di Boston Consulting Group, basata a Tokyo, e Guia Ricci, managing director e Partner di BCG. Il forte aumento delle visite dall’estero sta oltretutto contribuendo ad alimentare le vendite duty-free a livelli record nei mall, triplicando i risultati rispetto all’anno precedente registrando 71,8 miliardi di yen.
Come riporta Business of Fashion, le principali maison di lusso, soprattutto nel distretto di Ginza a Tokyo e nei grandi magazzini shop-in-shop, stanno ottenendo ottimi risultati. Il trend positivo sta motivando brand di alto calibro come Hermès, Tiffany & Co. e Balenciaga a potenziare le loro attività nel paese, espandere la loro presenza al dettaglio e accelerare i piani di espansione esistenti. Hermès, che ha registrato un aumento delle vendite del 25% in Giappone per il primo trimestre, ha aperto la sua seconda sede a Ginza il mese scorso presso il centro commerciale Mitsukoshi, dopo il precedente lancio ad Azabudai Hills a febbraio. Ad aprile, invece, Balenciaga ha aperto un flagship store su tre piani sempre a Ginza, portando il numero dei suoi negozi giapponesi a 37. E ancora, il gruppo francese del lusso Lvmh nel primo trimestre ha registrato un aumento delle vendite in Giappone del 32%, il tasso di crescita più alto. Kering, sempre nel primo trimestre, ha registrato invece una crescita dei ricavi pari al 16% e le vendite al dettaglio del Gruppo Prada nel paese sono aumentate del 46%. Nel frattempo, Richemont ha visto le sue vendite aumentare del 20% a tassi di cambio costanti in Giappone nell’anno fiscale conclusosi a marzo.
Anche Fast Retailing, proprietaria del marchio di abbigliamento giapponese Uniqlo, ha registrato al rialzo le sue previsioni per quello che sarebbe il terzo anno consecutivo di profitti record. Il suo utile operativo del terzo trimestre è aumentato infatti del 29%, sostenuto dalle forti vendite in patria e in alcuni mercati esteri. Questo risultato positivo è anch’esso stato favorito dall’aumento delle vendite duty-free che hanno appunto approfittato del crollo dello yen. Come rileva FashionNetwork.com, l’utile di Fast Retailing è salito a 144,7 miliardi di yen (circa 822 milioni di euro) nei tre mesi fino al 31 maggio, rispetto ai 112,5 miliardi di yen nello stesso periodo dell’anno precedente. Il consensus prevedeva inoltre un utile di 127,1 miliardi di yen, sulla base di un sondaggio LSEG condotto tra sei analisti. La società ha alzato le previsioni di utile per l’intero anno a 475 miliardi di yen da 450 miliardi di yen di partenza.
La situazione attuale sta avendo implicazioni significative sul settore del lusso fuori e dentro il Giappone, e sta creando una condizione di ambivalenza. Seppure il crollo della valuta nipponica stia rendendo i prodotti di lusso più accessibili ai turisti stranieri, “Dall’altro lato”, sottolinea a Pambianconews l’ufficio dell’Agenzia Ice in Giappone, “il deprezzamento dello yen nei confronti del dollaro e dell’euro ha sortito conseguenze meno positive per i consumatori giapponesi. Il costo dei beni di lusso importati, molti dei quali provenienti proprio da Europa e Stati Uniti, è aumentato, riducendo il potere d’acquisto locale. Questo fenomeno ha indotto molti consumatori giapponesi a riconsiderare il proprio tenore di spesa nel settore del lusso, spostandosi verso marchi locali o ricercando alternative più economiche, quali i prodotti di lusso accessibili”.
Una situazione, dunque, a doppia velocità che vede da un lato una crescita positiva per i flussi di turismo e conseguentemente di mercato provenienti dall’estero, e una sofferenza di spesa per i cittadini nipponici dall’altro. “Il divario di prezzo potrà colmarsi nel lungo termine, ma per il momento è probabile che alcuni marchi asiatici vengano trainati dalla crescita del Giappone. I marchi leader si aspettano infatti un incremento del 50%-80% nel secondo trimestre dell’anno, soprattutto grazie alla ripresa dei turisti cinesi attratti dal deprezzamento dello yen”, commentano Kihira e Ricci di BCG.
Per affrontare questa situazione, le aziende di settore stanno adottando diverse strategie. Come riportano gli uffici dell’Agenzia Ice, alcuni marchi internazionali stanno rivedendo le proprie strategie di pricing e di promozione per adattarsi al nuovo contesto economico. Altri stanno invece offrendo sconti selettivi o lanciando collezioni speciali a prezzi più contenuti per attirare una clientela più ampia o preservare la clientela fidelizzata. Investimenti in esperienze di acquisto personalizzate, aperture a nuovi canali di vendita, così come la diversificazione delle linee di prodotti – gli accessori high tech griffati ne sono un esempio – sono tutti tentativi di capillarizzazione di un’economia in cui, paradossalmente, il caso dello yen ha reso il Giappone una destinazione “più attraente per i turisti internazionali che tendono a sperimentare un aumento del proprio potere d’acquisto”. Conseguentemente, i retailer di lusso stanno beneficiando di un afflusso maggiore di turisti a compensazione della diminuzione delle vendite ai consumatori locali. “Con le incertezze sul futuro dello yen, è difficile che la governance dei prezzi funzioni nel breve termine, e quindi i marchi stanno adottando strategie diverse: alcuni smettono di vendere ‘prodotti classici’ ai non residenti, mentre altri sfruttano l’opportunità per abbracciare al massimo i turisti” concludono le esperte di Boston Consulting Group.
In sintesi, mentre il calo dello yen presenta delle sfide per i consumatori giapponesi, le aziende che sapranno adattarsi rapidamente e in modo creativo alle nuove dinamiche economiche potranno mantenere il proprio posizionamento nell’ambito dell’ambiente economico giapponese in costante evoluzione.