Si prospetta al di sotto dei 64 miliardi di euro, in crescita debole del 2%, il 2023 del tessile-abbigliamento. È un risultato inferiore alle previsioni quello tratteggiato da Sistema Moda Italia (Smi) in occasione dell’assemblea dei soci 2024, tenutasi venerdì presso Palazzo Mezzanotte, a Milano, incentrata sulla rapida evoluzione degli scenari geopolitici e il conseguente riassetto del mondo del lavoro. Parallelamente, la federazione che rappresenta, in Confindustria, l’industria tessile-abbigliamento-moda, ha illustrato l’outlook per il settore riguardo all’anno appena trascorso e al 2024 ormai al giro di boa, tra criticità e incertezze.
Guardando indietro al 2023, sottolinea Smi, i segnali di indebolimento emergono anche in riferimento alle performance sui mercati esteri. Sulla base dei dati Istat, i dodici mesi passati hanno assistito un export settoriale in aumento dello 0,4%, per un totale di 38,7 miliardi di euro; nel contempo, l’import ha registrato una flessione del 5,5%, pari a 27,1 miliardi di euro. Secondo i dati panel di Sita Ricerca, nell’anno 2023 il sell-out del tessile-abbigliamento ha registrato a valore un calo contenuto allo 0,6%, mentre in termini di volume si è rilevata una flessione del 2,2 per cento. A caratterizzare il 2023, un andamento a due velocità, tra un primo semestre che ancora godeva della ‘rendita’ del 2022 post-Covid, e una seconda metà permeata dal rallentamento.
Sembra, inoltre, sottolinea ancora la federazione, essersi intensificato il gap tra il monte e il valle della filiera fashion, con il primo più in sofferenza rispetto al secondo. Una tendenza già emersa anche dallo studio condotto da Pambianco sulle performance dei principali player italiani del tessile, e confermata dalla panoramica sulla filatura tricolore delineata in occasione della 95esima edizione di Pitti Filati, entrambi allineati nel dipingere uno scenario di normalizzazione e patimento che non accenna a scemare nel 2024. Secondo Smi, infatti, riguardo al tessile-abbigliamento nel suo complesso, “le aziende italiane si trovano oggi ad operare in un contesto generale tutt’altro che facile” e “le previsioni per il 2024 sono sicuramente difficili, perché mai come quest’anno lo scenario risulta caratterizzato da andamenti delle aziende divergenti e polarizzati, dovuti al clima generale di forte incertezza”.
A preoccupare soprattutto la volatilità macroeconomica, l’inflazione crescente, i tassi di interesse elevati e l’incremento dei prezzi, che portano a un calo del potere d’acquisto dei consumatori. Una congiuntura che fa presagire un avvio del 2024 all’insegna di un ulteriore rallentamento della domanda, sia interna sia sul fronte dei mercati esteri, che “porterebbero verosimilmente a un’inversione del trend positivo registrato degli ultimi anni. All’orizzonte si prevede, alla luce dei risultati dell’indagine annua relativa al tessile-abbigliamento realizzata a marzo-aprile 2024, una nuova frenata nel primo semestre dell’anno in corso. Nonostante il 28% del panel confidi in una stabilità delle condizioni di mercato rispetto al periodo gennaio-giugno 2023, la percentuale di chi prospetta un peggioramento sale al 62%, risultando così di molto superiore rispetto a chi valuta che l’evoluzione congiunturale sia “in miglioramento” (10 per cento).
“L’assemblea di oggi – ha commentato Sergio Tamborini, presidente di Smi, nel contestualizzare i temi in agenda dell’incontro – è un’occasione di riflessione ma, soprattutto, di pianificazione strategica per il futuro del tessile e moda, tenendo conto delle peculiarità del sistema italiano e delle esigenze emergenti a livello europeo”. Al centro, i nuovi equilibri dello scacchiere mondiale, commentati da Dario Fabbri, analista geopolitico e direttore della rivista Domino, che ha tracciato i nuovi confini di un mondo sempre più de-globalizzato, dove nuove polarizzazioni stanno già creando aree di pensiero e consumo che diventeranno, per gli imprenditori, mercati caratterizzati da esigenze molto lontane rispetto alle attuali. “Si stanno trasformando completamente anche i mercati, ai quali le aziende della moda italiana si rivolgono, nascono nuovi Paesi di riferimento, nell’unica certezza che il made in Italy rimane sempre e comunque un brand iconico e ricercato all’estero”, sottolinea Tamborini, evidenziando l’importanza del welfare, di rinnovate politiche industriali e sinergie a livello europeo.