Il lusso ha aperto la stagione dei grandi sconti in Cina. In risposta alla crescente preoccupazione per la mole di inveduto e la riduzione dei consumi, molti luxury brand stanno mettendo al ribasso i propri prodotti a un livello da anni senza precedenti, testimonia Bloomberg. A partire da questo mese, gli acquirenti cinesi potranno, per esempio, comprare l’iconica Hourglass di Balenciaga, nel modello più piccolo in stampa coccodrillo, con uno sconto del 35% su Tmall, piattaforma B2c del gruppo Alibaba, ben più alto di quanto non si possa trovare sui siti web ufficiali del brand e sui principali e-tailer del lusso.
E, più in generale, la maison di casa Kering ha registrato una riduzione media dei prezzi pari al 40% sugli articoli in saldo in tre dei primi quattro mesi del 2024, secondo fonti non meglio specificate dell’agenzia di stampa e vicine all’azienda. Più che raddoppiati, inoltre, i suoi prodotti scontati su Tmall, arrivati a rappresentare oltre il 10% del suo inventario sulla piattaforma da gennaio ad aprile. Nel medesimo periodo dello scorso anno, la fashion house aveva ridotto i prezzi degli articoli solo nel mese di gennaio, attestandosi su una media di circa il 30%, mentre non era stato registrato alcun ribasso nei primi quattro mesi del 2022.
Una tendenza simile, osserva Bloomberg, può essere osservata per altre maison quali Versace (Capri Holdings), Givenchy (Lvmh) e Burberry, che ha hanno drasticamente ridotto i prezzi, alcuni di oltre la metà, su Tmall e altre piattaforme nazionali nel corso di questo mese. Lo sconto medio di Versace è passato da circa il 40% all’inizio del 2023 a oltre il 50% quest’anno, secondo fonti vicine all’azienda.
Una simile guerra dei prezzi sarebbe stata impensabile fino a pochissimi anni fa, quando il mantenimento o il rialzo dei prezzi rispondeva all’esigenza di mantenere inalterata un’immagine di esclusività e poca accessibilità dei marchi. Difficilmente i marchi del lusso cercano di dare fondo alle scorte attraverso vendite dirette o sulle piattaforme di punta, ma preferiscono appoggiarsi ai department sotre o private sales. Jacques Roizen, amministratore delegato della consulenza cinese presso Digital Luxury Group, ha spiegato a Bloomberg come a stupire sia soprattutto la scelta di Tmall, così nota agli occhi dei consumatori, come piattaforma prediletta in cui mettere in scena gli sconti. Nessuno dei brand coinvolti ha, per il momento, fornito commenti o spiegazioni al riguardo.
La strategia sembra evidenziare ancora una volta la difficile congiuntura che le case di moda globali stanno affrontando nell’ex Celeste Impero, a sua volta alle prese con un rallentamento economico che erode il potere d’acquisto dei consumatori, in particolare della classe media, mentre il lusso vi fa affidamento per migliorare le proprie performance. A questo contesto si aggiungono gli alti tassi di rendimento di cui gode Tmall, alimentati dalla campagne promozionali della piattaforma che consentono agli utenti che raggiungano determinati livelli di spesa di ottenere sconti corrispondenti, nonostante i frequenti resi.
La stessa Yoox Net-a-porter, e-tailer di lusso che fa capo a Richemont, ha appena battuto in ritirata dal fronte cinese, evidenziando la sua fatica nel competere in un mercato in cui i rivenditori di fascia alta devono affrontare un contesto economico più debole e la conseguente intenzione di concentrarsi su “aree geografiche più redditizie”.
Intanto, i nomi che popolano l’olimpo del lusso, tra cui Louis Vuitton, Chanel ed Hermès, sembrano resistere alla canto degli sconti, puntando invece sulla nota e opposta strategia dei rincari, sia per, tradizionalmente, annientare il mercato parallelo, sia per fare fronte all’aumento dei prezzi, proteggendo al contempo la propria aura di esclusività e immunità alle crisi economiche. Niente sconti, dunque, oltre a una limitato (o assente, nel caso di Chanel), presenza sull’e-commerce, al fine di coltivare soprattutto lo zoccolo duro dei clienti high-spending. Simile ritrosia agli sconti anche da parte di Gucci, Prada e Miu Miu.
Resta comunque indubbio lo scenario di generale ridimensionamento, o normalizzazione, della Repubblica Popolare, come ha anche appena delineato l’annuale monitor di Altagamma e Bain & Company. Il mercato cinese, sottolinea lo studio, vive un momento di particolare pressione per due fattori: da un lato la ripresa del turismo internazionale e, dall’altro, una domanda interna in calo dovuta alle crescenti incertezze economiche. Quest’ultima, in particolare, sta minando la fiducia dei consumatori della classe media, portando a fenomeno di “luxury shame”, il cui risultato è un allontanamento dall’acquisto di beni di lusso, che lo studio assimila a quanto verificatosi nelle Americhe durante la crisi finanziaria del 2008.
Se la strategia degli sconti potrebbe, nel breve termine, effettivamente contribuire allo smaltimento delle crescenti scorte invendute, dall’altro rischia di erodere progressivamente quel capitale di “desiderabilità” su cui il lusso costrituisce la propria identità e il proprio business.