In occasione della diffusione dei dati economici del gigante del lusso Richemont, gli analisti di Barclays hanno commentato il calo moderato (-1%) della divisione orologi dichiarando che il risultato è da considerare come “particolarmente resiliente in questo contesto”. Il contesto a cui si fa riferimento nel report è legato al rallentamento dell’universo dei segnatempo, o meglio della ‘normalizzazione’ della domanda dopo l’euforia degli ultimi anni post Covid. Secondo l’aggiornamento della Fédération de l’industrie horlogère svizzera (Fh) sulle esportazioni di orologi svizzeri, a marzo il dato in valore è diminuito del 16,1% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso a 2 miliardi di franchi (circa 2 miliardi di euro). Il calo si è accentuato dopo un febbraio in cui la flessione era stata del 3,8 per cento. In marzo tutti i maggiori mercati hanno registrato il segno negativo ma le discese di gran lunga maggiori sono state quelle di Cina e Hong Kong. Dati alla mano la flessione dell’industria dei segnatempo sembra essere più pronunciata del più ampio rallentamento del settore del lusso. Tuttavia, l’altra cartina al tornasole di un settore che, lungi dalla fase di stallo, è da definire appunto nell’alveo di un ‘ritorno alla normalità’ sono i dati dell’ultima edizione di Watches and Wonders che si è conclusa a metà aprile. La fiera orologiera ginevrina ha battuto il record di brand espositori, ben 54, e ha richiamato oltre 49 mila visitatori (+14% sul 2023). Ecco quindi due spaccati della stessa medaglia. Il settore dei segnatempo sta vivendo realmente una fase di cambiamento? E questo porterà ad una polarizzazione della proposta? In un recente articolo pubblicato su Business of fashion, Luca Solca, analista di Bernstein ha dichiarato: “Dobbiamo vedere l’evoluzione delle esportazioni di orologi svizzeri nel contesto più ampio di moderazione della domanda di lusso dopo l’euforia post-Covid”.
DA BENE RIFUGIO A COLLEZIONISMO
Tra gli addetti al settore non trapela preoccupazione. Si parla piuttosto di un ragionevole “scoppio della bolla” dell’orologeria. II periodo post pandemico aveva visto un’impennata della domanda da parte di consumatori di fascia alta che hanno trovato nel mondo dei segnatempo un segmento dove diversificare gli investimenti. A questo si è aggiunta un’offerta limitata che ha portato ad una crescita esponenziale del secondo polso. “Quello che vedo ora è una generale situazione di immobilismo”, racconta Umberto Verga, presidente della storica insegna milanese Verga 1947 da circa 30 milioni di euro di fatturato. “I compratori sono in attesa di capire se il mercato del secondo polso scenderà o meno. Per quanto mi riguarda, mi sento ottimista. L’orologeria resta un business sano e solido. Siamo in una situazione di mercato dove le case orologiere hanno fatto della selezione della distribuzione una delle loro priorità e chi l’ha fatto sta raccogliendo i frutti di questa strategia”. Il cambiamento, piuttosto, va letto nell’ottica di un approccio all’acquisto diverso rispetto agli ultimi anni. “Quello che noto – aggiunge – è che si è passati dalla concezione di orologio come bene rifugio ad acquisto slegato da questa tendenza. E che la clientela giovane si sta avvicinando al mondo del collezionismo”, aggiunge Verga, sottolineando come il gruppo, che ha chiuso il 2023 in linea con le attese, ha puntato sul servizio inaugurando un nuovo laboratorio interno per il servizio post vendita.
I giovani, quindi, sembrano essere il ‘punto di rottura’ o, per vederla in modo meno veemente, il nuovo all’orizzonte. Ne è convinta anche Chiara Pisa, AD di Pisa 1940. “Posso sostenere con sicurezza che l’interesse da parte degli appassionati non è affatto diminuito, anzi si registra un crescente interessamento verso il mondo dell’orologeria anche da parte dei giovanissimi, se si tiene conto che circa il 25% dei visitatori presenti all’ultima edizione di Watches and Wonders aveva un’età media inferiore ai 25 anni”, sottolinea. Per la numero uno dell’insegna del Quadrilatero milanese, il 2022 è stato un anno eccezionale, definito da molti come un momento di rinascita, che ha portato ricavi al mondo dell’orologeria ancora superiori a quelli del 2019. Il 2023 per Pisa è stato sfidante: “abbiamo inaugurato la nostra boutique A. Lange & Söhne e avviato la prima fase del restyling del flagship store, con i nuovi shop in shop di Iwc e Jaeger Le-Coultre, oltre a un più ampio espace Cartier. Chiudere il 2023 in miglioramento rispetto al 2022 è per noi fonte di gratificazione umana oltre che economica”. Per quanto riguarda quest’anno, a livello congiunturale è un anno particolare “perché particolare è anche il momento storico che stiamo vivendo, con una situazione geopolitica che desta incertezze a cui si aggiungono le naturali conseguenze del caso. Il mercato, ovviamente, si allinea agli umori della società internazionale e non sorprende che in momenti così delicati la prima azione sia quella di razionalizzare il più possibile. Lo si è visto molto chiaramente anche in occasione dell’ultima edizione della manifestazione ginevrina, dal momento che il leitmotiv più evidente è stato proprio la razionalizzazione dell’offerta, con poche novità, ma ben mirate, e con una generale rimodulazione delle referenze a disposizione. Non c’è da sorprendersi – conclude – che a momenti di grande fermento seguano periodi di consolidamento: il settore ne era consapevole e ha agito di conseguenza”.
CONCENTRAZIONE DELL’OFFERTA
Di fronte a questo contesto, il mercato solitamente ragiona in base al criterio delle certezze. E applicando questo concetto alle maison di orologeria, va da sé che la tendenza, almeno nella teoria, propenda per una maggiore concentrazione della domanda verso i brand verso i marchi principali. Basti pensare a Rolex che, appunto, è arrivato a detenere una quota di mercato di quasi un terzo rispetto al totale delle vendite al dettaglio degli orologi. Secondo un recente articolo di Business of fashion, il settore sarà sostenuto da una manciata di marchi. “Marchi forti come Rolex, Patek Philippe e Richard Mille hanno tutto il potere di determinazione dei prezzi per imporre aumenti di prezzo, che compenseranno la mancanza di crescita organica”, ha affermato nell’articolo il fondatore di LuxeConsult Oliver Müller, sottolineando come la fascia alta del mercato sia rimasta inalterata anche nella fase di ‘normalizzazione’ con cui si è aperto il 2024.
Per Fabrizio Giaccon, director of sales & markerting di Rocca, insegna del Gruppo Damiani, siamo di fronte ad una comprensibile concentrazione dell’offerta entro pochi grandi nomi. “In un momento storico come questo, dove la parola d’ordine è prudenza e seppur in un contesto nel quale questo rallentamento del settore era in qualche modo pianificato, è normale che le marche più fragili diano segni di cedimento mentre quelle più forti crescano in termini di immagine e quindi di vendite. Stiamo andando verso una concentrazione delle marche”. “Anche il consumatore sta cambiando – aggiunge – e il pubblico più giovane ha dei criteri diversi per scegliere i brand. Per questo è cruciale capire i trend del futuro ed è altrettanto fondamentale cercare di lavorare anche con gli strumenti dei social per avvicinarsi a questa clientela”. Per quanto riguarda i prossimi obiettivi di Rocca, dopo aver inaugurato la boutique a Tirana, in Albania e aver tagliato il nastro del negozio Rolex in Galleria Vittorio Emanuele II a inizio anno (un’apertura considerata una ‘pietra miliare’ per Rocca) e di quello Panerai Venini a Bologna, ha in programma l’opening a giugno del punto vendita Cartier all’aeroporto di Fiumicino che ospiterà, oltre ai preziosi anche la pelletteria) e, durante l’estate, l’insegna Rocca a Reggio Calabria. Nel secondo semestre, è prevista una ulteriore presenza in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano e una boutique Panerai sempre in Galleria. ““Il nostro obiettivo principale, infatti, continuerà ad essere quello di raggiungere i nostri clienti e potenziali clienti dappertutto e garantire il massimo livello di servizio, come dice anche il nostro claim, The Best Luxury Eperience”, conclude.
Fondamentale, in questo ambito, resta il tema del servizio. Lo conferma anche Dario Colombo, titolare dell’insegna di Monza Gioielleria Colombo che chiosa: “La nostra clientela si affezione per un terzo al brand, per un altro terzo alla boutique ma il restante terzo al servizio che deve essere sempre in linea con i protocolli delle maison del lusso”.
L’articolo è presente sul numero di giugno/luglio di Pambianco Magazine