Capobianco torna tra gli espositori della 106esima edizione di Pitti Uomo con una collezione che guarda al quiet luxury. “Capobianco nasce vent’anni fa – racconta Fabrizio Ottaviano, CEO e owner del marchio – con una proposta di blouson in tessuto a maglia, rivisitazione di quello classico in pelle scamosciata. Oggi, a vent’anni di distanza e a dieci dalla mia acquisizione del marchio, riproponiamo il nostro prodotto iconico”.
È questo, dunque, il focus della primavera/estate 2025 di Capobianco, a cui si affianca, racconta ancora Ottaviano, “la collezione total look, anch’essa ispirata al quiet luxury, inscritto nel nostro dna”. Tra le direttrici, la morbidezza dei tessuti, quasi tutti tessuti a maglia, sottolinea l’imprenditore, “con modelli confortevoli”.
Il brand bergamasco è reduce da un 2023 (l’esercizio fiscale è terminato a marzo 2024) che si è chiuso “molto bene, superando per la prima volta i 5 milioni di fatturato, attestandoci a 5,5 milioni di euro, e con un ebitda margin a doppia cifra”. Sottolinea il manager: “Un traguardo ragguardevole per chi dieci anni fa ha raccolto un ramo aziendale in procedura concorsuale e, con un ottimo turnaround, abbiamo trasformato quelle difficoltà in opportunità”.
Nel frattempo, racconta ancora Ottaviano, a Capobianco abbiamo affiancato, in Filologiko, un altro brand, Roberto Ricetti, specializzato in camiceria e homewear, all’incirca nella stessa fascia di prezzo e quindi in sinergia con Capobianco in termini di distribuzione.
Riguardo al 2024, Ottaviano si allinea alla gran parte dei player del settore tessile-moda spiegando che “non si è aperto sotto i migliori auspici, con difficoltà di mercato pressoché ovunque”. Aggiungendo: “Nella nostra distribuzione spicca un solo mercato controcorrente, ovvero il Nord America, con Canada e Stati Uniti che presidiamo tramite un’agenzia”. Per quanto riguarda le altre aree di riferimento, i numeri sono in diminuzione, ma “stiamo acquisendo nuovi mercati, il che ci consente di prospettare un aumento di fatturato anche per il 2024”.
Resta una costante per il marchio, che la rivendica come propria, ben prima diventasse un’esigenza imprenditoriale, la vocazione alla sostenibilità. “Accanto ai primi blouson Capobianco di ispirazione ecosostenibile – racconta Ottaviano – avevamo una collezione di pezzi in tinto capo con una tintura biologica derivata dalla frutta già vent’anni fa. Non ci siamo snaturati, a maggior ragione se ci considera quanto sia sentito oggi il tema della sostenibilità, affidandoci a un’accurata selezione di fornitori”.