La transizione verde della filiera tessile passa anche per il settore chimico. Tra ottimizzazione delle risorse idriche ed energetiche e nuove tecnologie, Nearchimica persegue quest’obiettivo, cercando di innovare le proprie dinamiche produttive in un segmento notoriamente tra i più inquinanti. Alle spalle, un turnover che fino al 2022 ha oscillato tra i 15 e i 16 milioni di euro, mentre nel 2023 si è attestato a quota 14,9 milioni, in flessione del 9 per cento.
Fondata nel 1981, l’azienda nasce sulle ceneri di Neartex, attiva nella distribuzione di coloranti, specializzandosi nella produzione di ausiliari chimici e implementando, tra il 2016 e il 2018, macchinari per il tinto capo e per il denim. Proprio in relazione a quest’ultimo fronte, Nearchimica ha preso parte all’ultima edizione di Denim Première Vision, tenutasi presso il Superstudio Più, a Milano, e terminata ieri. Durante l’evento il player ha presentato le sue più recenti ricerche applicate al denim e agli articoli cellulosici pronti per tinta, con un focus sulla gestione responsabile di processi e risorse.
Tra le tecnologie presentate, la serie ‘Nearstone’, che permette di ridurre il consumo di acqua nei processi del denim aggiungendo lavorazioni a secco e riducendo le lavorazioni con acqua, ‘Nearbooster’, che lavora in sinergia con laser ed ozono esaltando la definizione del pattern e la tridimensionalità, diminuendo l’energia impiegata, e ‘Nearart’, la tintura con i colori minerali naturali nasce per coniugare la tradizione e l’innovazione. Al repertorio si aggiunge poi ‘N-ice Dyeing’, metodo che lavora a bassa temperatura, evita l’impiego di sale e riduce sensibilmente l’impiego di acqua durante tutto il processo tintoriale.
Sullo sfondo, una congiuntura macroeconomia complessa per tutto il settore tessile, una “tempesta perfetta” a cui neanche le aziende chimiche che lavorano a monte sono sfuggite. L’ha definita così Roberto Camera Magni, CEO di Nearchimica, raccontando a Pambianconews di due anni, il periodo a cavallo tra il 2022 e il 2023, costellato da sovrapproduzione e aumenti stellari dei prezzi. Una testimonianza che sembra confermare la narrazione del post-Covid condivisa dalla maggior parte degli attori che popolano la filiera fashion, tra monte e valle: “Ci siamo trovati travolti da una serie di ordini causati da un’euforia non giustificata, che non hanno fatto altro che buttare benzina sull’inflazione”. I rincari, ha ricordato Camera Magni – sono arrivati a sfiorare anche il +300%, mentre altri si sono mantenuti tra il +30% e il +40 per cento.
Nei primi mesi del 2022 “l’azienda viaggiava a quota +30% di fatturato, mentre già a maggio – ha ripercorso l’imprenditore – i clienti del Far East hanno iniziano a chiedere delle proroghe”. Aggiungendo: “Per il tessile, dal 2023 al 2030 è prevista una crescita del 5-6% a livello mondiale. Si tratta di grossi numeri, ma non certo delle cifre che abbiamo visto due anni fa”. Nonostante il panorama di incertezza, le prospettive per il 2024 sembrano essere positive per l’azienda di Legnano: “Nei primi cinque mesi archiviati finora abbiamo recuperato quel 9% che avevamo perso, e proseguendo con questo andamento potremmo recuperare i nostri livelli ante-2022”.
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