Avvio d’anno in calo per le vendite fashion che hanno registrato una flessione del 4,2% nel primo trimestre del 2024. A scattare la fotografia del settore è il monitoraggio di Federazione Moda Italia–Confcommercio, che ha evidenziato come il settore moda abbia accusato cali costanti rispetto al primo trimestre 2023: -5% a gennaio, -4,5% a febbraio e -3,1% a marzo. Un dato che sembra confermare quanto emerso dalle performance dei saldi invernali, che hanno segnato una frenata del 4,5% e del 4,6% rispettivamente a gennaio e febbraio.
Per il presidente della federazione, Giulio Felloni, “dal punto di vista delle vendite di prodotti di moda, l’avvio dell’anno e della stagione primavera/estate è stato più complicato del previsto. O meglio, il dettaglio moda auspica da tempo una ripresa che stenta ad arrivare”. Prosegue: “Preoccupano e molto l’accelerazione dei tempi della moda, la concorrenza diretta operata da molti brand, gli aumenti delle produzioni e i costi fissi che non accennano a diminuire, nonostante la frenata dell’inflazione”.
Il retail della moda – continua ancora Felloni – “pur rimanendo un fondamentale pilastro dell’economia nazionale, con 170.828 punti vendita che occupano 299.890 addetti e partecipando in maniera importante alla produzione del Pil, ha registrato negli ultimi 4 anni un saldo nati-mortalità negativo di 16.863 negozi di moda e di 13.164 addetti (erano 187.791 con 313.054 addetti al 31/12/2019)”, come “veder scomparire nelle nostre vie, strade e piazze, 11 negozi di moda al giorno per tutti i giorni dell’anno negli ultimi quattro anni”.
Motivo per il quale la federazione ha chiesto al Tavolo della Moda, tenuto dal Ministero dello Imprese e del Made in Italy per dialogare con gli attori del comparto, un “intervento urgente a rilancio dei consumi”, dalla previsione di un’Iva agevolata per i prodotti moda realizzati in Italia e delle misure per la detrazione delle spese per l’acquisto dalle dichiarazioni dei redditi dei consumatori.
Infine, ha sottolineato Felloni l’importanza di condurre le imprese verso un “processo di rigenerazione anche urbana”. Tra i provvedimenti auspicati su questo fronte, l’applicazione della cedolare secca sulle locazioni commerciali attraverso un canone concordato tra locatori e conduttori per ridurre il peso degli affitti; l’inserimento delle attività commerciali storiche nell’albo delle imprese culturali e creative d’interesse nazionale previsto dalla legge sul made in Italy in quanto espressione dell’identità culturale collettiva. Parallelamente, necessario un “punto di incontro nei rapporti con i fornitori”, con un patto di filiera su sostenibilità, concorrenza, tempistiche per i pagamenti, consegne dei prodotti e disponibilità della merce.