La “normalizzazione” della domanda di beni di lusso dopo l’impennata post pandemica ha influito sulla performance del colosso francese del lusso Kering, che ha chiuso il 2023 con una flessione generalizzata delle vendite dei suoi marchi (fatta eccezione per l’eyewear) e con un calo dei ricavi nella holiday season. In particolare, il turnover dell’intero anno ha registrato una flessione del 4% (2% su basi comparabili) a 19,6 miliardi di euro. Nel solo quarto trimestre, la contrazione dei ricavi è stata del 6% a livello reported e del 4% su basi comparabili a 4,97 miliardi di euro, nonostante il trend di crescita in Asia-Pacifico e Giappone e il miglioramento nel Nord America ed Europa, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters. Il dato è sostanzialmente in linea con il consensus degli analisti che prevedeva ricavi per 4,94 miliardi di euro. Il gruppo ha segnalato che gli investimenti nelle sue etichette potrebbero incidere sui margini nel 2024.
Il titolo in Borsa sta guadagnano oltre tre punti percentuali sulla scia di risultati non inferiori alle attese del mercato e sulla scommessa di rilancio di Gucci.
Le vendite dirette (incluso e-commerce) sono rimaste invariate, le vendite indirette (wholesale), pari al 22 % del totale vendite, sono diminuite dell’11 per cento. L’utile operativo ricorrente è sceso del 15% a 4,7 miliardi, leggermente inferiore alle stime. L’utile operativo ricorrente è sceso del 15% a 4,7 miliardi per una marginalità sui ricavi calata a 24,3% dal 27,5% del 2022. L’utile netto ricorrente di gruppo è risultato in calo del 18% a 3,061 miliardi di euro.
I ricavi del marchi Gucci sono scesi del 6% a 9,873 miliardi mentre il risultato operativo del principale brand del gruppo è calato del 13% a 3,26 miliardi. Nel solo quarto trimestre il marchio ammiraglio ha visto calare il fatturato dell’8% a tassi correnti. Il calo delle vendite di Gucci ha corrisposto alle previsioni, secondo le stime compilate da Citigroup. Segno meno anche per gli altri brand del gruppo: Saint Laurent ha registrato una flessione del 4% a 3,2 miliardi di euro dovuta soprattutto alla contrazione delle vendite in Nord America. Nel quarto trimestre a tassi correnti il calo è stato dell’8 per cento. Secondo una analisi di Business of Fashion, il rallentamento di Saint Laurent potrebbe essere interpretato dai mercati “come una correzione comprensibile a seguito di un’impennata pluriennale negli Stati Uniti, una geografia difficile per molti marchi nel 2023”. Tornando ai singoli brand, Bottega Veneta ha visto una flessione del 5% a 1,6 miliardi di euro (-8% nel quarto trimestre a tassi correnti) mentre la voce “other houses” (a cui fanno capo tra gli altri Balenciaga, Alexander McQueen e Boucheron) ha visto un arretramento del 9% a 3,5 miliardi di euro. “Balenciaga ha migliorato le sue performance in modo significativo in Nord America ed Europa, oltre a registrare eccellenti risultati in Asia-Pacific. Alexander McQueen è cresciuto nella propria rete dei negozi grazie in particolare alle collezioni di abbigliamento. Brioni ha confermato una performance molto buona”, riporta la nota del gruppo. A dare una spinta positiva c’è il segmento dell’occhialeria: i ricavi di Kering Eyewear sono balzati del 35% a 1,5 miliardi di euro, “beneficiando del consolidamento di Maui Jim e dell’eccellente sviluppo del portafoglio marchi”, spiega la nota del gruppo.
L’obiettivo del gruppo, spiega François-Henri Pinault, Chairman and CEO nella nota ufficiale del gruppo è “rilancio di Gucci, facendo leva sul mix unico di artigianalità, tradizione italiana e modernità, che definisce l’identità di questo marchio iconico”, aggiungendo poi che “il lancio di Kering Beauté e l’acquisizione di Creed, storico produttore di fragranze di fascia alta, ci consentiranno di conquistare la nostra quota nel settore delle fragranze, in costante crescita”. Gucci, quindi, resta la grande scommessa di Kering dal momento che ha sempre agito da locomotiva delle performance del gruppo. Al momento la performance, va segnalato, non riflette ancora il cambio ai vertici creativi con l’ingresso di Sabato De Sarno, la cui collezione sarà disponibile nei negozi nei prossimi mesi e da cui il mercato si aspetta un impatto positivo.
“In un contesto di mercato che rimane incerto all’inizio del 2024 – continua Pinault – i continui investimenti nelle nostre maison metteranno pressione sui risultati a breve termine. Grazie all’esperienza maturata all’interno del gruppo in un decennio di eccezionale sviluppo, siamo fiduciosi di raggiungere i nostri obiettivi a lungo termine”.
Per quanto riguarda l’outlook sul 2024 il gruppo sottolinea come “in un contesto di continua normalizzazione della crescita del settore, l’impatto della strategia di investimento di Kering peserà sul risultato operativo ricorrente dell’intero anno del gruppo (sulla base del perimetro di consolidamento e dei tassi di cambio al 31 dicembre 2023), che dovrebbe registrare un calo rispetto al 2023, in particolare nella prima metà dell’anno. Il gruppo darà priorità alle spese e agli investimenti a sostegno dello sviluppo e della crescita a lungo termine delle sue case, pur rimanendo vigile e disciplinato per quanto riguarda la struttura dei costi”.
Secondo RBC “Gucci non sta andando peggio del previsto, il che è un sollievo”, aggiungendo che la prestazione complessiva del gruppo è stata “tollerabile, senza grosse sorprese negative”. Il broker afferma che il potenziale di Gucci non è ancora sfruttato, ma vede le giuste iniziative strategiche in aree come la Cina. Per Thomas Chauvet, analista di Citi, Kering ha “molto duro lavoro da fare”, ha osservato affermando che nella seconda metà dello scorso anno si sono verificate “pressioni sui margini maggiori del previsto presso Gucci, Bottega Veneta e Balenciaga”, come riporta il Financial Times. “Sebbene il management abbia annunciato un ulteriore peggioramento dell’utile operativo, non crediamo che ciò costituirà una grande sorpresa considerando il contesto macroeconomico e la necessità di continuare a sostenere il riposizionamento del marchio Gucci”, affermano gli analisti di Barclays. Secondo JP Morgan, il fatturato non inferiore alle stime consentirebbe al titolo “non suirela pressione che i declassamenti implicherebbero”.