Una fashion week può restare rilevante senza la presenza di brand affermati? È quanto cercherà di fare la prossima edizione della London fashion week in calendario dal 9 al 12 giugno. La capitale inglese è stata la prima a scommettere sul digital ed è storicamente vicina ai marchi emergenti ma nelle ultime stagioni il calendario si è gradualmente ristretto. Se gli appuntamenti di febbraio e settembre possono contare su Burberry e una serie di luxury brand del calibro di Christopher Kane, Simone Rocha e Jw Anderson, l’edizione di giugno è spoglia di big name. Lo scorso anno oltre a una manciata di marchi giovani c’era stata la sfilata off-schedale di Martine Rose, ad oggi l’unico fashion show in calendario è quello di Ravensbourne University London.
Tra i (pochi) eventi in calendario ci sono le presentazioni del marchio maschile Saul Nash e dell’emergente Smr Days oltre a quella di Qasimi Rising, un incubatore allestito dal marchio arabo-inglese Qasimi. Il British Fashion Council allestirà un panel sul futuro del menswear e, in collaborazione con il magazine Gq, saranno annunciati i marchi del Designer Fashion Found. L’University of East Landon e l’University of Westminster sveleranno le collezioni dei propri studenti cui si aggiungeranno eventi sulla couture africana, l’incisività, una linea di Farfetch, la sfilata autunno/inverno 2024 di Justin Cassin e piccoli appuntamenti collaterali.
“Quest’anno, stiamo testando alcuni degli eventi, delle conversazioni, degli impegni culturali, supportando al contempo quei designer che volevano ospitare degli show”, ha dichiarato a Vogue Business l’amministratore delegato del Bfc Caroline Rush. “Stiamo usando questa edizione come test una attesa di giugno 2024, per sviluppare una piattaforma che sia lì per aiutare brillanti designer e aziende di abbigliamento maschile che abbiamo in questo Paese e che forse non si prestano alle sfilate di moda. Ciò fa parte delle linee guida su cui verterà l’edizione di giugno 2024″.
La kermesse, partendo da London Collections: Men nel 2012 è poi diventata London Fashion Week Men’s nel 2016 fino ad essere un evento co-ed durante la pandemia nel 2020. Mentre il programma è più ridotto rispetto allo scorso anno, gli addetti ai lavori, riporta Vogue Business, affermano che l’intimità degli spettacoli ha reso più rilevante la presenza dei designer emergenti. Adam Shapiro, co-founder del marchio Smr Days, è entusiasta: “Il tempismo è buono in quanto dà il via alla stagione, il che significa che c’è un’opportunità per un buon buzz mentre ci avviciniamo alla nostra campagna vendita wholesale”, il marchio sarà però presente anche a Pitti Uomo e Parigi durante la fashion week.
Parallelamente molti brand hanno fatto un passo indietro: “Abbiamo deciso di sfilare la scorsa stagione poiché siamo stati abbastanza fortunati da trovarci nella posizione di avere il tempo e i fondi per sviluppare una nuova collezione in un tempo di consegna così breve da febbraio”, afferma la stilista irlandese Robyn Lynch, che ha presentato la sua collezione lo scorso giugno presso nell’East London. La designer però porta all’attenzione il nocciolo della questione: “Se i buyer e la stampa scelgono di non venire a Londra e di andare direttamente a Milano, diventa incredibilmente difficile giustificare il costo della presentazione a Londra. Se veniamo a sapere da amici del settore che i buyer non viaggiano, ciò costringe i designer a prendere quelle decisioni difficili; se funzionerà non sarà solo merito di designer e marchi ma anche di stampa e buyer. Forse maggiori investimenti per portare ospiti dall’estero aiuterebbero a riportare la settimana della moda maschile a com’era prima del Covid”. La London fashion week precede Pitti Uomo (13-16 giugno) e le fashion week di Milano e Parigi, appuntamenti essenziali per il menswear.
“È probabile che i buyer presenti a giugno facciano parte di un programma ‘molto mirato’. Fortunatamente, abbiamo alcuni dei più importanti buyer del mondo a Londra. Le grandi piattaforme di e-commerce hanno sede qui, i nostri department store hanno sede qui. So che molte altre aziende hanno esposto qui e venderanno la loro collezione in altre città”, afferma l’AD del Bfc che per il prossimo anno prevede “una piattaforma per collaborazioni non necessariamente solo nel mondo della moda, ma anche con altre discipline creative”. Sarà l’ennesima metamorfosi nella capitale del regno di Re Carlo III?