Calo di investimenti per il comparto dei materiali next-gen, definizione che include pelle vegana o di origine vegetale e tutte le alternative non plastiche a poliestere e viscosa. Secondo un rapporto pubblicato dal think tank Material Innovation Initiative, infatti, le startup che sviluppano nuovi materiali come lab-grown leather o soluzioni provenienti da piante, microbi e dal micelio (contenuto nelle radici dei funghi), hanno raccolto 457 milioni di dollari (circa 427 milioni di euro) nel 2022, più che dimezzati rispetto ai 980 milioni di dollari del 2021. Il rallentamento – si legge su Business of Fashion, che ha diffuso il report – “riflette un mercato più difficile nel 2022, dopo un aumento senza precedenti degli investimenti nel settore nel 2021”. D’altra parte, il numero di aziende focalizzate esclusivamente sullo sviluppo di materiali di nuova generazione è cresciuto a 102, più che triplicando negli ultimi dieci anni.
La ricerca di soluzioni animal-free ha già raccolto adesioni nel mondo della moda, con iniziative su fronti diversi. Tra quanti scelgono il micelio per dare vita ad un’alternativa alla pelle ci sono Adidas, Stella McCartney, Lululemon, Hermès e diversi brand del gruppo Kering. Proprio la maison ammiraglia del colosso del lusso, Gucci, lo scorso anno ha annunciato di aver sviluppato un materiale considerato dalla maison “rivoluzionario”, risultato di due anni di lavoro che, cita la nota del gruppo, “combina alta qualità e scalabilità, unitamente a un ethos sostenibile”. Il materiale si chiama Demetra ed è stato creato utilizzando le stesse competenze e processi impiegati per la concia, ma la sua composizione è quasi esclusivamente vegetale. Il fondo americano Carlyle, invece, ha puntato sulla start-up Spiber, società giapponese specializzata nella produzione e nello sviluppo di biomateriali tessili.
Entro il 2026 Material Innovation Initiative stima che la dimensione del mercato all’ingrosso globale per i materiali di nuova generazione sarà di circa 2,2 miliardi di dollari.
“I materiali che nascono in laboratorio e che vorrebbero sostituire il pellame naturale – ha commentato Fulvia Bacchi, direttore generale di Unic, l’Unione Nazionale Industria Conciaria – presentano ancora numerose criticità a partire dagli altissimi costi e soprattutto, dalle insoddisfacenti capacità prestazionali. Riteniamo che un materiale naturale, unico e insostituibile come la pelle sia di difficile imitazione”.
Lo scorso aprile, in uno speciale di Pambianco Magazine dedicato ai materiali next-gen, Unic ha ricordato come l’impegno per ridurre l’impronta complessiva della produzione conciaria sia una sfida affrontata non solo dalle singole realtà aziendali, ma sinergicamente da tutto il sistema produttivo. In questo contesto, le simbiosi industriali sviluppatesi negli anni sono fondamentali, soprattutto per il recupero e la valorizzazione degli scarti e il trattamento dei reflui. “La pelle è utilizzata in diversi segmenti di mercato ed ha caratteristiche uniche e, tra queste, cito la naturalità e la durabilità – dichiarava Bacchi -. Sono convinta che il mondo fashion degli accessori della fascia alta e medio alta del mercato non potrà mai rinunciare alla pelle”.