Il mercato della rivendita (resell) di vestiti e accessori di seconda mano (o second hand, o usati, o d’occasione, o pre-owned, o pre-loved, che dir si voglia) di moda e lusso sta sperimentando un boom, tanto da crescere, secondo quanto riportato dallo store online statunitense di vestiti usati ThredUp, a una velocità tripla di quella dell’abbigliamento di prima mano, con un giro d’affari che dagli attuali 35 miliardi di dollari arriverà a toccare gli 81 miliardi in quattro anni.
Valore che, secondo la nuova ricerca ‘Mercato dell’usato in accelerazione: che cosa significa per i marchi e i rivenditori di moda’, realizzata da Boston Consulting Group (Bcg) e della francese Vestiaire Collective, una delle leader mondiali del settore, sarebbe invece già compreso tra i 100 e i 120 miliardi di dollari a livello globale. Un nuovo report appena pubblicato da Barclaycard ha rivelato che nel Regno Unito 7 aziende su 10 ora offrono opzioni di acquisto di prodotti di moda più sostenibili, tra riciclo, noleggio, riutilizzo o rivendita.
Lo dimostrano i recenti ingressi della stessa Vestiaire Collective in Corea del Sud, dopo il successo ottenuto in Australia, a Singapore e a Hong Kong, o dell’apertura su Ebay dello spazio Imperfects dedicato a capi di abbigliamento, borse, scarpe e accessori considerati come nuovi, ma con alcuni difetti, di oltre 100 brand, con sconti fino al 60%. Mentre questo mese, marchi come Petit Bateau, Zara o Balenciaga sono stati gli ultimi in ordine di tempo ad entrare nel mercato della rivendita di capi usati.
Persino l’e-tailer cinese Shein, spesso al centro delle critiche per il suo modello operativo legato alla ultra fast fashion, ha lanciato il 17 ottobre negli Usa la sua piattaforma per lo scambio e la rivendita di prodotti d’occasione tra privati, mentre la catena di distribuzione di articoli sportivi Decathlon ha avviato in Belgio un programma di ‘reverse shopping’, riacquistando gli articoli dei suoi clienti per dare loro una seconda vita. Inoltre, lo specialista del secondhand di articoli di lusso LePrix ha annunciato la propria espansione in Europa e il suo ‘collega’ italiano Lampoo è da poco approdato in UK.
Sembrano tutte iniziative e cifre positive, dato che il mercato dei prodotti usati è stato visto da subito come una rivoluzione che consentiva di aprire le porte della moda e del lusso a categorie di persone che non si potevano permettere le ultime tendenze, proponendo al contempo un modello di consumo più eco-sostenibile.
Eppure, come sempre, non è tutt’oro quello che luccica. Un report della società globale di intelligence decisionale Morning Consult riguardante gli Stati Uniti mostra che il 37% degli intervistati pianifica di comprare più beni di seconda mano il prossimo anno, ma solo il 26% programma di venderne di più e il 42% di rivenderne la stessa quantità. In altre parole, mentre i compratori della moda e del lusso pre-owned sono in crescita, i venditori diminuiscono, portando a un chiaro squilibrio tra il numero di chi compra e quello di chi vende. Con quali conseguenze nel lungo periodo?
In pratica, l’universo del resell sta raggiungendo i livelli di vendite della fast fashion, ma molti osservatori temono che presto la domanda di moda pre-loved possa superare l’offerta, tanto che la scorsa primavera, sempre Morning Consult aveva mostrato come nei primi mesi del 2022 il 44% dei consumatori aveva comprato prodotti di moda secondhand, ma solo il 24% ne aveva venduti.
L’indagine di Morning Consult è relativa al mercato statunitense, ma la ricerca di Bcg e Vestiaire Collective rivela che il mercato del second hand rappresenta già dal 3% al 5% del mercato globale dell’abbigliamento, delle calzature e degli accessori, e potrebbe crescere fino al 40%. Sebbene gli articoli di seconda mano costituiscano circa un quarto degli armadi degli acquirenti di capi pre-loved, si prevede che nel 2023 costituiranno già il 27% dei loro guardaroba. I consumatori della Generazione Z sono i più propensi ad acquistare (31%) e vendere (44%) articoli di seconda mano, mentre il 40% degli acquirenti considera l’usato come un modo per consumare moda in modo sostenibile, e altrettanti consumatori scelgono il mercato secondhand per l’ampia scelta e i pezzi unici che offre.
Inoltre, dal sondaggio è emerso che il 60% di coloro che vendono articoli di seconda mano la fa per far spazio nel guardaroba. La stessa percentuale di persone ha dichiarato di voler recuperare il valore residuo del proprio articolo e di spenderlo per acquistare articoli di seconda mano (39%), di prima mano (20%), o altro (39%). Anche in questo caso, non tutti gli acquirenti hanno venduto personalmente i loro articoli sul mercato dell’usato. Il 30% dei non venditori ha qualcosa da vendere, ma non è riuscito a trovare il tempo per farlo, indicano gli autori del report. Un 30% degli intervistati preferisce regalare i propri articoli ad amici o enti di beneficenza. Il 25% di essi ha dichiarato di non sapere quali capi del proprio guardaroba vendere.
Perciò, per marchi e retailer è evidente come l’economia circolare sia un’enorme opportunità di business e la sostenibilità un’iniziativa necessaria, ma molti critici, fashionisti, addetti ai lavori si stanno chiedendo: per l’inquinamento del pianeta, la moda second hand sarà (involontariamente) la nuova fast fashion?