Primo trimestre in chiaroscuro per Nike. Il colosso Usa dello sportswear ha chiuso i tre mesi terminati il 31 agosto con vendite da 12,2 miliardi di dollari (circa 10,4 miliardi di euro), in crescita del 16% su base annua, risultato positivo che ha però disatteso le aspettative degli analisti.
Migliore la performance, che ha invece battuto le stime delinate, dell’utile registrato nei tre mesi, pari a 1,87 miliardi di dollari (1,6 miliardi di euro) contro gli 1,51 miliardi (1,3 in euro) del corrispondente quarter dell’anno precedente. Incessante la crescita dell’e-commerce (+25%), spinto soprattutto dalla crescita del Nord America a quota +43 per cento.
In una conferenza stampa con gli analisti il direttore finanziario dell’azienda americana, Matt Friend, ha spiegato le prospettive per la chiusura del fiscal year in corso, su cui Nike ha ridimensionato l’outlook a fronte dei numerosi problemi che stanno osteggiando la sua catena di approvvigionamento. Alcuni dei nodi critici sono il raddoppio dei tempi di spedizione dai centri di produzione asiatici al Nord America, i problemi nei trasporti e la chiusura degli stabilimenti in Vietnam e Indonesia (in cui Nike produce il 30% del suo abbigliamento e il 50% delle calzature) a causa delle restrizioni imposte per fermare l’avanzata del Covid.
È stata propria questa dichiarata “mancanza di offerta disponibile”, più che la performance trimestrale nel complesso in crescita, a pesare sul titolo Nike a Wall Street, che ha accusato quasi un -4% nel trading after hours.