Il governo cinese tenta una nuova mossa per alimentare l’economia del Paese. La sede governativa di Shanghai ha annunciato l’intenzione di sostenere le aziende che vorranno chiedere l’approvazione per vendere merci duty-free, incoraggiando l’apertura di nuovi store dedicati ai prodotti esentasse in aeroporti, alberghi, centri commerciali e altri luoghi urbani almeno in parte dedicati allo shopping.
La decisione, illustrata in occasione del piano economico quinquennale 2021-2025 presentato sabato, risponde all’obiettivo di sostenere e incentivare i consumi, anche di beni di lusso di norma pesantemente tassati.
Attualmente, la spesa duty-free nella Repubblica popolare è concentrata nella provincia meridionale di Hainan, dove il limite annuale imposto a questo genere di acquisto nel 2020 era stato fissato, pro capite, a 100mila yuan (circa 13mila euro), contro i precedenti 30mila (circa 3.900 euro).
Complici le elevate tariffe che gravano sui prodotti luxury, su profumi e orologi sopra il 30%, il regime agevolato dell’isola di Hainan attira ogni anno milioni di turisti da ogni angolo della nazione, con un tasso di crescita che ha registrato un’impennata in seguito alle restrizioni su viaggi e spostamenti all’estero dall’avvento della pandemia.
Il resto della Cina, intanto, conta più di 300 negozi duty-free la cui offerta spazia dall’abbigliamento ai cosmetici. Il player che presidia il settore, China Tourism Group Duty Free Corp, controlla quasi 200 store. Una rete che sembra destinata a crescere ulteriormente fintanto che il travel retail non potrà riprendere a pieno regime, in una logica di autarchia che il governo cinese sembra aver intrapreso ormai da tempo.
La spesa annua esentasse, inoltra, ammonta a decine di miliardi di yuan, a testimonianza del peso che questo mercato rappresenta nell’economia dell’ex Celeste Impero.