Tiffany torna a far parlare di sé. Il motivo si chiama ‘Not your mother’s Tiffany’ ed è l’ultima campagna pubblicitaria del celebre gioielliere newyorkese, che ha tappezzato le vie della Grande Mela e Los Angeles, nonché naturalmente i profili social del marchio.
Uno slogan che, strizzando l’occhio al più datato claim di una nota casa automobilistica Usa (‘Not your father’s Oldsmobile’), sembra indirettamente annunciare un nuovo corso per l’azienda di preziosi, recentemente entrata nell’orbita di Lvmh. Volti giovani e inediti popolano il nuovo visual di Tiffany, che con questa scelta dichiara l’intento di riposizionarsi verso un nuovo target.
Ma se il nuovo progetto sembra avere tutte le carte in regola per avvicinare la maison di gioielli alla tanto ambita Generazione Z, altrettanti sono i presupposti per alienarsi il pubblico che più tradizionalmente ha costituito il target di Tiffany. Si sprecano i commenti sotto i post della campagna pubblicati su Instagram dal marchio, in cui innumerevoli utenti rivendicano l’importanza strategica e simbolica della vecchia audience, cresciuta con l’immaginario della Fifth Avenue, Audrey Hepburn nel cult ‘Colazione da Tiffany’ e diamanti sfavillanti.
Il gioco, a ben guardare, potrebbe valere la candela, se si pensa che, come spiegato recentemente da Business of Fashion, i Millennials e la Generazione Z rappresenteranno, entro il 2025, il 45% delle vendite luxury globali. Ma non sono mancate critiche e perplessità anche dal mondo dell’advertising, che si sono concentrate sulla possibile efficacia a lungo termine di un così repentino e drastico cambio di rotta. “Invece di difendere qualcosa, hanno adottato l’approccio più comune di opporsi a qualcosa, alla propria storia e al proprio tone of voice”, ha spiegato Joel Kaplan, executive creative director di Muh-Tay-Zik/Hof-Fer, agenzia pubblicitaria statunitense.
Diverso il parere di Ryan Jordan, executive creative director di Imre, che appoggia la mossa di Tiffany pur riconoscendone il rischio. “Siamo in un momento in cui la rilevanza è tutto e anche i marchi più iconici non possono riposare sugli allori. I marchi inoltre stanno sempre lavorando alla prossima generazione di ‘loyalist’, e non farlo rischia di far cadere nell’oscurità”.
Il cambiamento era in effetti già nell’aria. Sotto il rampollo ventinovenne Alexandre Arnault, ora vicepresidente esecutivo, prodotto e comunicazione, Tiffany aveva iniziato a rivedere il proprio advertising plan, smettendo di pubblicare il celebre inserto pubblicitario sul New York Times, e lo scorso 1° aprile aveva annunciato sui social, con un riuscitissimo April fool, di stare cambiando la propria caratteristica tonalità di blu con un vivido giallo limone. Un esperimento ludico che, però, ha attirato l’attenzione su quello che ha tutta l’aria di essere un rebranding e che, inoltre, ha puntato i riflettori sulla capsule collection di diamanti gialli lanciata da Tiffany, promossa dal flaghship store nella medesima nuance aperto a Los Angeles per la durata di un weekend.
Quale sarà il volto futuro della maison è difficile da prevedere, ma le possibilità di successo potrebbero prevalere sui rischi di un restyling così audace. “Alcune madri potrebbero anche cercare di identificarsi con un marchio o una campagna dallo spirito più giovane”, ha continuato Jordan, ridimensionando le critiche ricevute dalla campagna pubblicitaria. Insomma, nel bene o nel male, purché se ne parli.