H&M scivola in rosso nel primo trimestre dell’anno chiuso lo scorso 28 febbraio. Il colosso svedese ha infatti registrato una perdita dopo gli elementi finanziari di 1,39 miliardi di corone (circa 135 milioni di euro), contro l’utile di 2,5 miliardi dell’anno precedente. Gli analisti di Refinitiv stimavano, in media, una perdita di 1,41 miliardi. La perdita dopo le tasse (group’s profit after tax) è risultata pari a 1,07 miliardi, contro l’utile di 1,92 miliardi dell’anno prima.
Nel periodo, come già comunicato, le vendite nette sono risultate in calo del 21% in valute locali a 40,06 miliardi di corone svedesi (3,9 miliardi di euro) rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.
Non solo. Contestualmente alla pubblicazione dei dati del primo trimestre, H&M ha inoltre pubblicato un comunicato riguardante la Cina. Nel Paese, infatti, è scoppiata una polemica nei giorni scorsi che ha coinvolto diverso player tra cui, appunto, il gruppo svedese. Quest’ultimo, nello specifico, è stato boicottato nel Paese asiatico per essersi rifiutato di acquistare il cotone dello Xinjiang come mossa per sottolineare la sua posizione a favore dei diritti umani.
“Stiamo lavorando insieme ai nostri colleghi in Cina per fare tutto il possibile per gestire le sfide attuali e trovare una via da seguire”, riporta la nota intitolata ‘Statement on H&M in China’, che comunque non menzione espressamente quanto accaduto in riferimento a Xinjiang. “La Cina è un mercato molto importante per noi e il nostro impegno a lungo termine per il Paese rimane forte”. Inoltre, “essendo all’avanguardia nell’innovazione e nella tecnologia, la Cina continuerà chiaramente a svolgere un ruolo importante nell’ulteriore sviluppo dell’intero settore. Siamo orgogliosi che i nostri fornitori facciano parte di questo sviluppo e vogliamo continuare a contribuire a guidare il progresso insieme ai nostri partner e stakeholder nel Paese. Vogliamo essere un acquirente responsabile, in Cina e altrove, e stiamo costruendo strategie lungimiranti e lavorando attivamente sulle tematiche dell’approvvigionamento dei materiale. Insieme agli stakeholders, vogliamo collaborare per essere parte della soluzione e per costruire una industria della moda più sostenibile”.
“Ci impegniamo a riconquistare la fiducia dei nostri clienti, colleghi e partner commerciali in Cina”, conclude la nota.
Sempre a tema Xinjiang, si legge su Nasdaq, l’analista di Rbc Capital Markets Richard Chamberlain ha affermato che “abbiamo visto marchi come Nike e H&M resistere a controversie simili in passato e mantenere vendite relativamente forti, tuttavia a breve termine riteniamo che H&M possa vedere un impatto negativo sulle sue vendite in Cina”.