I player inglesi dell’e-commerce mettono le mani sulle più note insegne brick-and-mortar del Paese, da tempo in crisi, pronti a rilevare brand di grande notorietà, ma non la loro rete di negozi. È, ad esempio, quanto farà Boohoo che, questa mattina, ha ufficializzato l’acquisizione di Debenhams per 55 milioni di sterline (circa 62 milioni di euro). Il deal, spiega il Guardian, porterà alla chiusura dei punti vendita di Debenhams che ancora non sono stati dismessi, con la “perdita di migliaia di posti di lavoro”.
Boohoo, che lo scorso maggio ha rilevato il rimanente 34% di Pretty Little Thing (il gruppo ne possedeva già la maggioranza dal 2017), acquisirà anche i brand Maine, Manataray, Principles e Faith. “Il gruppo – ha spiegato Boohoo alla stampa britannica – acquisirà solo i marchi e i diritti di proprietà intellettuale associati. La transazione non include negozi al dettaglio, azioni o servizi finanziari di Debenhams”.
Boohoo non è stato l’unico player a farsi avanti per acquisire l’insegna che conta 242 anni di attività: lo scorso dicembre, infatti, Debenhams (che ha dichiarato bancarotta ad aprile) ha visto sfumare l’operazione di salvataggio da parte di Jd Sports, avviando la fase di chiusura. Più recenti le speculazioni sull’interesse di Shein, marchio di fast fashion cinese.
Tra i punti vendita di Debenhams che hanno già abbassato la serranda c’è anche lo store simbolo di Oxford Street. La società impiega circa 12mila persone. Nel financial year al 31 agosto scorso, si legge sempre sul Guardian, i ricavi online dell’azienda si attestavano sui 400 milioni di sterline.
Si affianca a questa operazione anche la notizia che Asos potrebbe rilevare Topshop, marchio ammiraglio del gruppo Arcadia. Il Financial Times colloca l’offerta dell’e-tailer guidato da Nick Beighton tra i 250 e i 300 milioni di sterline.
L’impero di Sir Philip Green è entrato in amministrazione controllata agli inizi di dicembre. Secondo quanto riferito dalla Bbc, l’insolvenza di Arcadia mette a rischio circa 13mila posti di lavoro. Oltre a Topshop, nel portfolio della società figurano nomi alquanto noti del mercato dell’abbigliamento in Gran Bretagna, come Dorothy Perkins e Burton, ma anche Topman, Miss Selfridge e Wallis. Gli store oltremanica sono circa 444, mentre nel resto del mondo se ne contano poco più di 20. Il gruppo ha già completato la vendita di Evans a City Chic Collective Limited con il benestare di Deloitte, incaricata del processo di amministrazione di Arcadia Group.
Le trattative tra Asos e Topshop, ha riportato al Financial Times una fonte vicina all’operazione, sono in corso ma non vi è certezza che si arrivi a un accordo. In quanto player digitale, Asos non sarebbe interessata ai negozi fisici del brand, che andrebbe piuttosto ad alimentare l’appeal dell’e-shop di Asos per il pubblico giovane. Già oggi Asos è tra i principali partner wholesale di Topshop.
Deloitte, conclude il Financial Times, dovrebbe pronunciarsi sull’operazione questo mese. Al momento le parti interessate hanno declinato ogni commento.