Il Covid-19 allunga l’elenco dei retailer Usa finiti in bancarotta. Dopo J. Crew e Neiman Marcus, venerdì scorso anche Jc Penney ha infatti portato i libri in tribunale, facendo ricorso al Chapter 11. Tra le opzioni che consentirebbero la sopravvivenza dell’insegna da 850 negozi e 90mila dipendendi, c’è ovviamente la vendita: secondo quanto riferito da Wwd, i grandi mall operators americani Simon Property Group e Brookfield potrebbero essere interessati a rilevare Jc Penney. A pesare sulla sorte di quest’ultimo è un debito da quasi 4 miliardi di dollari.
Solo nelle ultime due settimane, negli Usa hanno dichiarato bancarotta anche J. Crew, Neiman Marcus e Stage Stores. Ubs stima che saranno 100.000 i negozi a chiudere nei prossimi 5 anni.
Neiman Marcus, che in precedenza aveva messo in congedo non retribuito la maggior parte dei suoi 14mila dipendenti e aveva chiuso i suoi 43 punti vendita, ha reso noto di aver ottenuto prestiti per 675 milioni di dollari dai creditori per sostenere il processo di ristrutturazione. I creditori, inoltre, si sono impegnati a fornire altri 750 milioni di dollari per rifinanziare il debito e ulteriore liquidità una volta che l’azienda sarà uscita dalla bancarotta.
Le difficoltà per i settore retail toccano però anche l’Asia, dove la giapponese Renown Inc, parte dell’impero cinese della moda Shandong Ruyi, ha presentato istanza di fallimento venerdì con 13,9 miliardi di yen di debiti (120 milioni di euro circa). Anche in questo caso ad aggravare la pressione finanziaria è stata la pandemia Covid-19.