Esordio boom a Wall Street per Levi’s. Il marchio americano di jeans, tornato sui listini dopo il delisting del 1984 (si era quotato una prima volta nel 1971), aveva fissato il prezzo di 17 dollari per azione (già superiore alla forchetta indicata, che andava da 14 a 16 dollari), è balzato subito in apertura, chiudendo la prima giornata di negoziazioni oltre i 22 dollari, in progresso del 32 per cento. Levi’s ha raccolto 623 milioni di dollari nell’initial public offering vendendo 36,7 milioni di azioni a 17 dollari l’una, in linea con le stime che volevano raccogliesse tra i 600 e gli 800 milioni di dollari. La valorizzazione di Levi’s, dunque, è stata di 6,6 miliardi di dollari.
Gran parte della cifra raccolta andrà ai discendenti del fondatore Levi Strauss, che manterranno il controllo del gruppo, mentre la restante parte sarà usata a fini aziendali tradizionali come la copertura di spese operative e spese per capitale, ma anche per acquisizioni e investimenti strategici.
Scambiata con il ticker “Levi“, l’azienda ha generato 5,6 miliardi di dollari di ricavi nell’anno che si è chiuso il 25 novembre, in rialzo del 14% rispetto ai 12 mesi precedenti.
Fondata nel 1853 a San Francisco, Levi’s aveva debuttato in Borsa nel 1971, raccogliendo 50 milioni di dollari (all’epoca si trattò della più grande quotazione americana di sempre), per poi tornare privata, con un leverage buyout da parte dei discendenti del fondatore, nel 1984. Nel 1996 la leadership di famiglia si è poi consolidata, con l’acquisto delle ultime azioni rimaste ai dipendenti e ad alcuni investitori esterni. Oggi i maggiori azionisti della società sono Mimi Haas e Margaret Haas, eredi di Levi Strauss.