I titoli della moda e del lusso come un domino che, dopo lo scossone cinese, ha iniziato a vedere i propri tasselli vacillare. La frenata della Cina, la cui economia nel 2018 ha registrato la crescita inferiore dal 1990 (+6,6%), ha infatti inciso pesantemente sulle performance borsistiche dei grandi del lusso, i quali, nonostante l’incertezza del mercato, sono comunque stati in grado di non deragliare. Secondo l’analisi stilata da Pambianco sulla variazione dei titoli delle aziende della moda e del lusso nel periodo 1° gennaio – 31 dicembre, la cui versione completa è presente sul numero in edicola a febbraio, il 2018, sulla scia dell’anno precedente, è stato un anno di transizione. In questo clima di incertezza, oltre al lusso, corre lo sportswear. Il fast fashion, invece, continua la propria retromarcia.
L’Europa, in generale, ha visto i titoli del lusso e dello sportswear in crescita. Mentre quelli del fast fashion e delle realtà in fase di riassetto hanno registrato performance negative. A partire dallo scorso ottobre, complici le prospettive di rallentamento del mercato cinese e l’abbassamento del giudizio sul settore da neutral a underweight da parte degli analisti (tra cui Morgan Stanley), i principali titoli del lusso hanno iniziato a perdere terreno. Tuttavia, nonostante le performance siano ben lontane dalle crescite registrate a chiusura del 2017, il lusso europeo di Kering (+17%), Brunello Cucinelli (+11,8%), Hermès (+10,8%), Lvmh (+9,1%), Aeffe (+5,8%), è riuscito comunque a mantenere parte dei guadagni della prima parte dell’anno, grazie anche a risultati tranquillizzanti nell’ultimo trimestre. Prima dell’ottobre ‘nero’ però, il 2018 ha visto brillare diversi titoli, in primis quello di Moncler (+12,9% finale) che nel corso dei 12 mesi è riuscito a toccare i massimi di sempre. Molto bene anche lo sportswear, e in particolare Puma (+18,6%) e Adidas (+12,2%). Performance negative, invece, per Burberry (-0,6%) che sconta ancora la transizione manageriale e stilistica, Salvatore Ferragamo (-18,4%), Hugo Boss (-22,7%) e Tod’s (-29,4%). Molto pesanti i titoli delle società che sono in fase di riassetto come Stefanel (-60,7%) e Safilo (-76,4%). A questi si aggiunge Ovs che ha continuato a subire i colpi della sfortunata operazione svizzera con Sempione Fashion. Prosegue, anche nel 2018, il trend negativo che affligge il fast fashion di Next (-8,7%), H&M (-20,4%) e Inditex (-20,5%).
Lo sportswear è stato il protagonista dei listini americani. Qui, infatti, sono cresciuti i titoli di Lululemon (+52,6%), Columbia Sportswear (+16,4%), Under Armour (+15,7%). Nike, in particolare, ha chiuso con un titolo in crescita del 18,1% a 74,14 dollari, registrando però, nel corso del 2018, molteplici record di crescita, che l’hanno portata a toccare gli 86 dollari per azione. Male solo Skechers (-40,5%) che non è riuscita a riprendersi dopo il pesante secondo trimestre. Trionfa, in ogni caso, un ritrovato Fossil che dopo aver chiuso il 2017 all’ultimo posto con -70,5%, nel 2018 ha saputo riprendersi (+81,8%), dopo diversi esercizi in declino.
Male, in generale, il lusso americano. A parte Ralph Lauren che è cresciuto debolmente (+0,7%), gli altri esponenti come Tiffany (-22,8%), Tapestry (-23,2%) e Capri Holdings (-40,8%), ex Michael Kors, hanno registrato un ribasso. In particolare, la neo proprietaria di Versace ha dovuto fare i conti con lo scetticismo degli analisti sul costo dell’operazione. Il peggiore, in ogni caso, è stato L Brands (-54,1%) che accusa il calo di popolarità del suo brand Victoria’s Secret.
In Asia solo due dei 10 titoli del campione analizzato hanno registrato una crescita sui listini, ovvero Fast Retailing (+26,7%) e Semir (+16,6%). Mentre tutti gli altri, tra cui Prada (-8,7%), hanno chiuso il 2018 in negativo.