Anche il lusso finisce sotto tiro per l’eliminazione delle rimanenze di magazzino. Nel mirino è finita la casa di moda britannica Burberry, la quale ha fisicamente distrutto prodotti finiti per un valore di 28,6 milioni di sterline (oltre 32 milioni di euro) nel 2018. Il dato, riportato da Bloomberg, è scritto nel bilancio della società. La pratica ha lasciato insoddisfatti numerosi investitori che non hanno fatto mancare le proprie critiche in merito: nel corso dell’assemblea annuale della scorsa settimana, gli azionisti hanno lamentato di non essere stati interpellati in merito, e non sia stata offerta loro la possibilità di acquistare gli articoli in eccedenza.
Il ridotto avanzo di magazzino è oggi una delle carte che il lusso gioca per distinguersi dalle insegne del fast fashion, per le quali lo smaltimento comincia a essere un problema globale in termini di sostenibilità ambientale. H&M, nell’ottobre 2017, ha creato scandalo presso l’opinione pubblica per lo spreco legato alla distruzione di tonnellate di capi ancora utilizzabili e vendibili.
Eppure, Burberry dichiara un aumento delle eccedenze di magazzino da eliminare: nel 2016, il valore si era attestato a 18,8 milioni di sterline, nel 2017 ha raggiunto i 26,9 milioni. E continua a crescere. Un dato che rappresenta una ulteriore sfida per il nuovo amministratore delegato Marco Gobbetti.
John Peace, il presidente uscente, ha dichiarato che questa pratica non viene “affrontata alla leggera” e che la pelle Burberry dal 2017 viene donata a Elvis & Kresse, una società che ricicla i castoff in nuovi prodotti.
Intanto, sul mercato asiatico, Burberry ha avviato una politica di riduzione dei prezzi al dettaglio in Cina. L’adeguamento del prezzo, avviato lo scorso 14 luglio, si applicherà dal prêt-à-porter alle borse, e il tasso medio di riduzione è di circa il 4 per cento.
Dal 1 luglio di quest’anno, il ministero delle Finanze cinese ha abbassato i dazi all’importazione per una media del 21% su un paniere di beni di consumo, nel tentativo di aumentare gli acquisti di lusso sul mercato domestico.
La nuova normativa ha già indotto Louis Vuitton e Gucci a ridurre i propri listini cinesi.