Il mondo della moda accelera verso una nuova dimensione. Nel giro degli ultimi due mesi, l’accelerazione è stata ribadita da una serie di segnali molto significativi. Il primo è stato quello lanciato a New York a fine anno, dove, in seguito alla decisione di Alexander Wang di uscire dal calendario, la camera della moda americana ha affermato ufficialmente che il sistema sta muovendosi verso una modalità in cui ogni brand individua la combinazione tempo-spazio ideale per se stesso. Quindi è stata la volta della fashion week milanese. Il passaggio più emblematico l’ha firmato Moncler. Il gruppo di Remo Ruffini, di fatto, ha imposto il nuovo benchmark, presentando una ristrutturazione che è insieme produttiva, commerciale e distributiva: le proposte del marchio si svilupperanno non più secondo un percorso unico scandito dalle stagioni, bensì attraverso otto cammini mensili differenti, studiati e implementati da designer differenti, in tempi differenti dell’anno. È la moltiplicazione delle main line. O, per converso, la istituzionalizzazione del concetto di capsule. In questa moda a-tempo-zero, probabilmente, già altri gruppi si stanno muovendo, per quanto in ritardo nell’ufficializzare e nel completare il progetto rispetto a Moncler, per il quale, ha spiegato Ruffini, il riassetto ha richiesto due anni di riorganizzazione. In quest’ultima fashion week, Aeffe e Tod’s hanno fatto capire in modo chiaro di andare in una direzione simile a quella del marchio dei piumini. Sulla stessa linea, si è mosso Diesel qualche giorno più tardi. Sempre negli ultimi mesi, c’è un altro aspetto che certifica questo cambiamento: la fase di forte trasformazione che sta passando il fast fashion. Le catene della moda accessibile sembrano all’angolo, alla ricerca di nuove formule che recuperino il vantaggio temporale ‘perduto’. I conti dei due colossi più rappresentativi, Zara e H&M, sono in discesa. E, anche in questo settore, l’ambizione è diventare ancora più ‘continuativi’. Zara si prepara a introdurre i robot per gestire le connessioni tra off e online. E le previsioni sul 2018 dei retailer americani parlano dell’obiettivo di ridurre di un ulteriore 75% i tempi di sviluppo delle collezioni. Insomma, tutti cercano di accorciare i tempi. Quello che era il fast fashion, oggi sembra semplicemente il fashion.
David Pambianco