La pelle made in Italy trova conforto nella ripartenza dell’export e si avvicina al suo principale appuntamento fieristico, quello di Lineapelle Milano (20-22 febbraio), con l’aspettativa di voltare pagina dopo un triennio piuttosto scialbo. Tre anni durante i quali, peraltro, l’Italia ha perso poco in valore, scendendo dai 5,4 miliardi del 2014 ai 5 tondi del 2016 che dovrebbero essere stati confermati nell’ultimo esercizio, proprio mentre i grandi produttori conciari extra Ue, dal Brasile al gigante Cina, hanno patito sofferenze ben più grandi. Il fatto nuovo per le concerie italiane arriva dalle esportazioni che, dopo due risultati negativi, hanno invertito la rotta con un +9% in quantità nei primi nove mesi 2017; l’aumento in valore è risultato più contenuto, nell’ordine dell’1%, in parte per le tipologie dei pellami esportati e in parte per il calo di alcuni pellami grezzi.
Proprio dalla Cina, ormai storico primo mercato di destinazione delle pelli conciate in Italia e il più negativo negli ultimi tempi, giungono i segnali più interessanti con un incremento del 7% annuo allineato a quello del Regno Unito, dato sorprendente se si considera la Brexit e la conseguente svalutazione della sterlina sull’euro. E se nel contesto europeo cresce il peso delle importazioni francesi dall’Italia e si riduce quello di alcune classiche destinazioni della pelle per ragioni di minor delocalizzazione (giù Romania, Bulgaria e, nel bacino mediterraneo, anche Tunisia), a livello asiatico spicca la super performance del Vietnam (+14%), diventato terra di elezione per la produzione di scarpe in parziale sostituzione della Cina, con una specializzazione marcata in ambito sneaker. La conceria italiana, fornitore chiave del lusso, ha consolidato nel 2017 la sua forza internazionale. Il 75% della produzione interna è destinato oltre confine e il fatturato dell’export si aggira sui 4 miliardi di euro. “Abbiamo investito tanto e continuiamo a farlo per offrire garanzie e servizi qualificati ai nostri clienti”, afferma Gianni Russo, presidente di Unic (Unione Nazionale Industria Conciaria) e titolare del gruppo conciario Russo di Casandrino. Un settore potenzialmente critico è stato trasformato in industria neutra sotto l’aspetto delle emissioni, sostenibile per ciclo produttivo e allineato a normative sempre più restrittive, con il carico aggiuntivo dei capitolati fissati dalla clientela delle griffe che su temi come etica e rispetto dell’ambiente non possono certo sorvolare.
E se nell’ultimo periodo è stata soprattutto l’auto, con la richiesta di interni di pregio, a sostenere i conti della conceria italiana, compensando un sensibile calo della moda e del lusso peraltro prevedibile dopo cinque anni d’oro per la pelletteria, un primo cambio di marcia si sta profilando ora per la calzatura. Russo di Casandrino, che ha chiuso il 2017 a 66 milioni di euro (+2,5%), osserva questo recupero limitatamente alle scarpe firmate e di fascia alta, mentre il top di gamma della pelletteria resta caratterizzato da luci ed ombre. Le proiezioni per l’anno in corso tendono al sereno. “Mi aspetto un incremento a doppia cifra – sottolinea Gianni Russo – come risultato di una serie di investimenti operati a livello di gruppo, dallo sviluppo di nuovi articoli alla nostra capacità di offrire un servizio sempre più qualificato e veloce”. Anche per Dani Group, realtà del distretto di Arzignano (Vicenza), il 2017 è stato caratterizzato da un incremento del giro d’affari, salito del 7% rispetto ai 162 milioni del precedente risultato, e per quest’anno il presidente Giancarlo Dani fissa l’obiettivo del +10 percento. “Il contributo prevalente lo offriranno gli ordini legati ad alcuni nuovi progetti acquisiti in ambito automotive”, racconta il conciatore veneto, il cui gruppo opera in maggior parte nel mondo degli interni auto e per la parte residua nelle pelli per arredamento, calzatura e pelletteria. Dani ribadisce la leadership globale della nostra conceria, uscita rafforzata dalla crisi. “Per chi lavora nella qualità, oggi non c’è alternativa alle pelli italiane. Continuiamo così, tenendo la barra dritta su tecnologia, velocità, automazione, sostenibilità”.
In Toscana, secondo polo produttivo nazionale dopo il Veneto, le concerie provengono da un anno mediamente positivo e il dato degli scarichi idrici al depuratore di Ponte a Egola (Pisa), riflesso dell’attività effettiva, mostra un aumento del 5% rispetto al 2016. “Abbiamo chiuso un buon 2017 – afferma Michele Matteoli, titolare del cuoificio Otello e presidente del locale Consorzio conciatori – e ora affrontiamo questa edizione di Lineapelle facendo leva sulle nostre capacità, che consistono principalmente nell’offrire prodotti innovativi e unici. L’euro rafforzato ci complica la vita nell’export e rafforza la concorrenza extra Ue, che vende in dollari, ma il nostro livello qualitativo non teme confronti”.
di Andrea Guolo