Dove sono finiti tutti quei neo-dandy in panciotto e papillon intenti a farsi fotografare tra i corridoi di Pitti Uomo? Nell’ultima edizione della fiera fiorentina, la loro presenza si è rarefatta. Indice, diretto, dell’affievolirsi di un trend. E, indirettamente, dell’estendersi di un altro. Sebbene diversi padiglioni continuino a offrire molte proposte formali, è indubbio che, nelle recenti edizioni, siano soprattutto gli spazi dedicati al casualwear a essere in aumento. Completi sartoriali, cappotti doppiopetto e mocassini in pelle spazzolata non mancano di certo, ma mai come negli ultimi anni c’è stato un proliferare di proposte altamente informali, tendenti allo sportswear. Dall’impiego di tessuti antivento, antipioggia, antitutto, al susseguirsi di interi stand dedicati a t-shirt, tute, sneakers e zainetti. Chi ha davvero bisogno di tutte queste felpe?
IL MENSWEAR AI TEMPI DEI SOCIAL
Undercover, TakahiromiyashitaTheSoloist, M1992 e Marcelo Burlon sono stati tra i protagonisti dell’ultima edizione di Pitti Uomo. Si tratta di realtà con background diversi accomunati da radici streetstyle e, soprattutto, da un nutrito seguito sui social network. Le nuove tendenze maschili, una volta ad appannaggio di fashion magazine e celebrities, sono oggi sempre più veicolate, e affinate, da instagrammer e influencer di professione che operano principalmente su Instagram. Ragazzi senza una vera preparazione specifica che, però, complici migliaia, talvolta milioni, di follower provenienti da tutto il mondo, diventano il punto di ritrovo per potenziali consumatori, spesso giovanissimi. I marchi non stanno a guardare e, con qualche ritardo rispetto al timing internazionale, iniziano a coinvolgere sempre più frequentemente i nuovi guru tascabili. Neolaureati, universitari e liceali sono il target d’elezione che non punta a indossare un cappotto di cashmere, ma desidera invece il piumino del divo da smartphone, la tuta indossata dall’influencer nelle Stories di Instagram, le scarpe da tennis immortalate nel selfie sul Lungarno. Le occasioni d’uso di un completo classico sono decisamente inferiori a quelle offerte da una felpa.
I NUOVI IT-BRANDS DI MILANO
Da qualche stagione brand emergenti come Palm Angels, Gcds e Sunnei sono presenti all’interno del calendario della fashion week maschile. Si tratta di esponenti di quel ‘lusso accessibile’ che fa proseliti tra gli under25 che hanno conquistato di diritto un posto in calendario accanto alle più affermate griffe del made in Italy. Lungi dall’essere fenomeni passeggeri né successi improvvisati; Palm Angels e Sunneri sono ormai ampiamente distribuiti in department store esclusivi, lo scorso anno Gcds ha inaugurato una boutique a pochi passi da Corso Como, accanto a veterani quali Moschino, Dsquared2 e Vivienne Westwood. Per un sempre più cospicuo gruppo di marchi del lusso che sceglie di presentare le proprie collezioni maschili in formato co-ed durante i giorni delle sfilate femminili, si sta parallelamente facendo strada una generazione di brand alternativa per stile, target e accessibilità. Poco probabile che un giovane riesca a permettersi un completo sartoriale made in Italy senza un impiego fisso. Una felpa, complici il costo più accessibile e l’immediatezza di social network ed e-commerce, è alla portata di tutti.
CHI BEN COMINCIA
Il casualwear può rappresentare il trampolino di lancio per lo sviluppo di un brand a tutto tondo. Dieci anni fa, Massimo Giorgetti fondava Msgm. Nel 2010, Alessandro dell’Acqua iniziava un nuovo percorso professionale lanciando N°21. Accomunati da una forte impronta streetwear, con il passare delle stagioni alle t-shirt logate si è aggiunto un vero e proprio total look, che ha convinto critici e buyer internazionali. Il segreto del successo dei due marchi italiani risiede nella capacità di diversificare l’offerta commerciale, inserendo nuove categorie merceologiche in grado di accompagnare il cliente durante la crescita personale, professionale ed economica.
Prendendo esempio da case history simili i brand emergenti che stanno cavalcando l’onda lunga del casualwear dovrebbero iniziare, per crescere e irrobustirsi, a costruire un’identità stilistica che comprenda sì felpe e magliette, ma anche (tanto) altro.
di Marco Caruccio