Si moltiplicano i genitori che scelgono nomi (e cognomi) di luxury brand per i propri figli. Un fenomeno che sta creando una generazione di piccoli Armani e Cartier.
C’è stato un periodo in cui era piuttosto frequente sentire frasi come “Benito alla lavagna”, “Benito fai il bravo”, “Benito siedi composto”. Per buona parte del ventennio, al Duce (Benito Mussolini) erano ‘dedicati’ i nascituri di sesso maschile. Sul genere opposto, nell’Italia degli anni 70, l’anagrafe registrò un aumento delle neonate che portavano il nome Orietta in omaggio all’omonima cantante emiliana Berti, particolarmente amata dalle giovani madri. Un decennio dopo, a Napoli, il tradizionale Gennaro, santo patrono della città, venne declassato dai tanti maschietti battezzati con il nome Diego, in ossequio al goleador argentino Maradona. Negli anni 90, i divi del cinema americano Costner e Stone diedero vita a un generazione di Kevin e Sharon, con buona pace di nonne incapaci di scrivere correttamente il nome dei nipoti. La crisi dei partiti politici, il proliferare di numerose quanto anonime star sui red carpet e la lunga sequela di scandali calcistici hanno notevolmente infierito sulla mancanza di nuovi idoli cui dedicare la propria progenie. Ed ecco che i genitori contemporanei preferiscono investire in marchi di successo piuttosto che battezzare i propri figli con nomi di una celebrity che tra qualche anno potrebbero finire in rehab. I dati forniti dalla Social Security non ammettono repliche: dal 2010 sono in aumento i bambini registrati con nomi di brand, spesso legati al settore del lusso. Il diffondersi dei nomi Donna, Calvin e Ralph è facilmente attribuibile al successo degli stilisti Karan, Klein e Lauren, anche se, in questo caso, resta un margine di dubbio. È invece una certezza che, dal 2010 al 2014, siano nati 5mila Armani. Un inconfondibile omaggio allo stilista piacentino da parte di genitori che non ne hanno replicato il nome bensì il cognome nonché marchio del suo impero. Tra qualche anno, 5mila ragazzi e ragazze si firmeranno Armani sui propri quaderni scolastici, sugli attestati universitari, sul conto bancario. Tra i brand unisex che stanno inaspettatamente stupendo gli impiegati delle anagrafi di tutto il mondo compaiono anche Cartier e Dior. Per i maschi in ascesa, Cavalli e Boss. Ma, su tutti, prevale Nike (niente a che vedere con la famosa scultura greca conservata al Louvre). Per le femmine si preferiscono Zara e Fendi. Da qualche parte, Ilary Blasi, moglie del calciatore Francesco Totti, si starà godendo la sua rivincita da trendsetter avendo scelto di chiamare la sua secondogenita Chanel già nel lontano 2007. Chapeau.
di Marco Caruccio