La battuta d’arresto del primo trimestre del lusso europeo si spiega, anche, con una nota del Dipartimento di Stato americano che, alla fine di maggio, ha emesso un “travel alert” sull’Europa. Gli Stati Uniti, in sostanza, hanno reso ufficiale il mood che da mesi caratterizzava i viaggiatori, e non solo quelli americani. Il Vecchio continente, in particolare l’area francese, alla luce della serie di attentati dell’ultimo anno, è sconsigliato come meta turistica.
Il risultato è emerso piuttosto chiaramente nelle trimestrali dei gruppi del lusso. Il “minor flusso turistico” europeo è stato esplicitato quale fattore frenante da Ferragamo, Tod’s, Kering (per quanto riguarda, principalmente, Bottega Veneta) e Lvmh. Burberry l’ha indicato nei risultati annuali 2015 (l’esercizio si è chiuso il 31 marzo), mentre Richemont (che ancora non ha diffuso la prima trimestrale) ha rivelato una battuta d’arresto a doppia cifra per il mese di aprile. Ai numeri si aggiungano le considerazioni di Prada, Versace e Hugo Boss (quest’ultimo con un proft warning dai drammatici contraccolpi in Borsa), i quali hanno parlato di un 2016 che non si annuncia semplice.
Il timore degli attentati, come detto, non vale solo per gli americani. Secondo i dati relativi al Tax Free, marzo è stato il mese peggiore degli ultimi quattro anni in termini di andamento dello shopping dei turisti, con i cinesi a guidare la retromarcia (-24%). E aprile ha concesso il bis, con un nuovo pesante calo delle vendite esentasse in Europa e in Asia (-16 e -10%).
Tutto questo si è riflesso in un semestre dalle molte ombre sui listini per i titoli del lusso (vedi l’analisi pubblicata in questo numero di Pambianco Magazine). Ma, soprattutto, si è riflesso in un duro colpo alla fiducia, già messa alla prova dagli scossoni oltre la Grande muraglia dello scorso anno (le operazioni valutarie estive di Pechino, unite alle misure anticorruzione). Il mondo delle griffe ha ormai cancellato l’euforia di una crescita perpetua, garantita dalla benzina dei consumatori cinesi.
Ciò che è accaduto in questi sei mesi ha tolto ulteriore spazio all’ottimismo. Se ancora fino a qualche mese fa si poteva immaginare di compensare con i flussi turistici (degli stessi cinesi) il rallentamento del mercato domestico di Pechino (al punto che diverse griffe ragionavano su un ri-equilibrio dei prezzi tra i diversi Paesi), oggi è chiara la fragilità di questa prospettiva.
Legarsi ai flussi in transito, è come la gloria: transit.
David Pambianco