I professionisti del settore appoggiano la moda eco pur lasciando spazio a qualche dubbio: su tutti, lo stile e la filiera. La risposta decisiva la darà il cliente finale.
Una moda sostenibile sembra sempre più vicina, e i professionisti del settore appoggiano l’iniziativa cui ha dato il via Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana. A voce unanime, infatti, i buyer sono positivi sulla questione sebbene emerga come il tema sia affrontato più dal punto di vista emozionale che strategico. E che, di conseguenza, la complessità dell’essere sostenibili abbia ancora ampi margini di consapevolezza da conquistare. “È un tema di grande attualità – ha dichiarato a Pambianco Magazine Mario Dell’Oglio, presidente di Camera Italiana Buyer Moda –, sono molto allineato con le dinamiche sociali e non posso fare a meno di considerare la sostenibilità nelle mie scelte. È imprescindibile oggi un’attenzione di questo tipo: infatti, non c’è una percezione di lusso senza la sostenibilità nel vivere contemporaneo. L’Italia è arrivata prima degli altri Paesi su questo tema e Capasa, lanciando questo processo di aggiornamento, si pone in prima linea. Molti marchi francesi, al contrario, non hanno ancora preso in considerazione il tema”. La moda, col suo correre veloce, può anche essere superficiale e viene da chiedersi se questa tendenza verso l’ecologia possa essere durevole o solo un fuoco di paglia: “Mi auguro che non si tratti di qualcosa di momentaneo, ma che sia un atteggiamento sentito e durevole – ha dichiarato Tiziana Fausti, titolare di Tiziana Fausti Bergamo e Lugano –. Non è affatto un aspetto da sottovalutare: significa guardare al futuro”. Anche Giorgio Dantone, titolare e buyer di Daad Dantone, spera non si tratti solo di un momento anche se ammette: “non ci eravamo posti il problema finora, più che altro perché è un tema ancora in parte inesplorato. Tuttavia, mi auguro che sia un trend durevole perché con quello che sta succedendo nel mondo dovremmo cercare di migliorare la qualità della vita: se ci fossero più materiali ecologici che possano essere meno invasivi sarebbe un fatto molto positivo”. La sostenibilità non è solo un tema che riguarda la moda, ma è d’interesse per il mondo intero. Secondo Andrea Panconesi, CEO di Luisaviaroma, “per quanto sia importante che la moda abbia un approccio più attento verso l’ambiente, trattandosi di una preoccupazione mondiale bisognerebbe assumere un impegno più ampio e vasto. Come realtà siamo sempre stati attenti a questi aspetti, laddove è stato possibile e attuabile: non abbiamo mai cercato il collo di pelliccia in più dove non era necessario. Da parte nostra, infatti, c’è una sensibilità nell’acquisto della moda”.
MOLTI MARCHI, POCA COMUNICAZIONE
Spesso, quando si parla di abbigliamento e accessori che strizzano l’occhio al sostenibile, spunta il nome di Stella McCartney, designer ammirata per le sue scelte improntate sull’ecologia. Il mondo della moda, tuttavia, è vasto e i brand esistenti al mondo sono innumerevoli. A rigor di logica dovrebbe essere così anche per le collezioni sostenibili, ma il nome che spicca, quasi sempre, è solo il suo: “In passato – ha dichiarato Fausti – le idee sostenibili ci sono state, ma sono state poco sostenute. Questo perché, probabilmente, non avevano lo stile, quel qualcosa in più per essere acquistate. Spesso si confonde la sostenibilità con l’essere basico e, quindi, i marchi sono risultati poco appetibili ai clienti. Se un capo con un’alta componente stilistica è anche ecologico, allora è un valore aggiunto”. Anche Dell’Oglio è dell’opinione che i marchi siano molti, ma che ci sia un problema di base: “Sicuramente le etichette attente a questo tema sono diverse nel mondo, ma non hanno ancora lavorato sulla comunicazione per far passare il messaggio”.
AL MERCATO L’ULTIMA PAROLA
La ristrutturazione sostenibile della moda è un passo importante, ma lascia comunque qualche perplessità: “È molto importante – ha ripreso Fausti –, ma metterla in pole position in un mondo come quello del ready to wear, degli accessori e delle calzature non è facile: non deve enficiare lo stile, elemento che per una collezione di moda è alla base del successo. Scegliendo materiali diversi da quelli tradizionali si può cadere nella perdita del valore aggiunto, ma se questo non si verifica ben venga”. Panconesi sposta la discussione sulla possibilità di modificare la filiera e su quanto questo potrebbe comportare: “Sono favorevole a una moda sostenibile, ma bisogna tener conto di diversi aspetti. Ad esempio quello della filiera: è impensabile sostituire il settore conciario che, al mondo, dà lavoro a migliaia di individui. Ci sono le persone che lavorano di cui tener conto e anche il fatto, non banale, che i materiali plastici possono essere allo stesso modo fonte d’inquinamento”. La risposta finale a tutto questo, in ogni caso, la darà il mercato: “Molto dipenderà da quanto il cliente finale sarà sensibile sul tema: il mercato è il giudice più imparziale che abbiamo, quando si parla direttamente col consumatore si verifica un livello di mantenimento importante – ha dichiarato Dell’Oglio –. Oggi spendere per il lusso ha sempre di più un peso di coscienza: poter rassicurare sé stessi spendendo soldi per un prodotto in linea con l’ecologia penso sia importante. Vendiamo sogni e qualcosa di intangibile e tutto questo deve essere supportato da un determinato pensiero nelle nostre scelte”.
di Letizia Redaelli