Era il 19 gennaio scorso quando il viceministro dell’Economia Carlo Calenda è stato indicato dal Governo come nuovo rappresentante dell’Italia a Bruxelles. L’assunzione ufficiale del suo nuovo incarico diplomatico è prevista lunedì 21 marzo. Due mesi di tempo. Un intervallo normale per la dimensione politica. Un intervallo infinito per l’economia e la società di oggi. Due mesi in cui il mondo della moda è rimasto al buio.
Calenda era diventato – caso unico – un vero e proprio riferimento per il made in Italy. Aveva le deleghe del Governo per la moda. E, soprattutto, si era impegnato in maniera convinta e convincente, avviando una serie di progetti e trovando i finanziamenti per sostenerli. Insomma, era riuscito a creare consenso e sinergie, aggregando le forze e presentandole, forse per la prima volta, come ‘sistema Italia’.
Ebbene, il ‘promoveatur’ di Calenda sembra aver bloccato tutto. È vero che nel giro di qualche settimana è stato indicato il suo successore, Ivan Scalfarotto, che avrà le deleghe e sarà viceministro assieme a Teresa Bellanova. Ma tutto sembra rimasto immobile in attesa del passaggio ufficiale di consegne: mentre Calenda attende di traslocare a Bruxelles, il suo ufficio è rimasto chiuso. Non solo si sono bloccati i meccanismi decisionali, ma, a quanto emerge, anche i tavoli di confronto, valutazione e riflessione sulle strade da implementare. In questo periodo, le principali associazioni di categoria, da Camera nazionale della moda a Sistema Moda a Pitti Immagine, sono entrate in una sorta di ‘silenzio stampa’, in attesa di capire le indicazioni politiche del post-Calenda. Perfino l’Ice, che sta gestendo buona parte dei fondi destinati al comparto, ha preferito non esprimersi sul futuro.
Tutto questo è normale nella politica italiana. Era normale nel mondo di ieri. Oggi, in due mesi, tanto per fare un esempio, è esplosa una nuova crisi finanziaria mondiale, si sono nuovamente riviste al ribasso le prospettive di crescita cinese, le presidenziali americane vedono insorgere il nazionalismo. Nella moda, New York ha ufficializzato la sfida della rivoluzione ‘see now buy now’, si aprono nuovi mercati (Iran) mentre altri declinano (Hong Kong), accelera l’importanza dei social e tutto è al punto condiviso e accelerato che un medium come Snapchat fa successo proprio perché, in due giorni, tutto viene cancellato. Sul fronte della sostenibilità, mentre Milano prima tiene riservate e poi rivela le Linee guida sui requisiti di eco-sostenibilità, una delle principali banche d’affari del mondo, Morgan Stanley, emette un report che fa la classifica delle griffe mettendole in fila per i criteri ambientali, sociali e di governance.
Nel frattempo, va riconosciuto, il premier Matteo Renzi ha per la prima volta inaugurato la settimana della moda di Milano. “Avrei potuto parlare di progetti e investimenti – ha detto Renzi – invece sono qui per celebrare la moda”. D’accordo. Ma l’auspicio è che di investimenti e progetti si riprenda a parlare al più presto.
David Pambianco