È sotto gli occhi di tutti come la grande ‘democratizzazione’ del lusso in atto, provocata dall’avvento del digital, stia portando ad un profondo ripensamento dell’evento dominante, la sfilata, a favore di formule di interazione più allargate e condivise. Ma gli effetti non si fermano qui. Per i brand, la possibilità di un confronto continuo con i clienti, il moltiplicarsi dei canali di esposizione e, sempre di più, di vendita online, già nell’attimo successivo alla presentazione dei prodotti, sono tutti fattori che possono alimentare la crescita dei volumi di vendita. Tuttavia, comincia a intravedersi un consistente effetto collaterale. L’accelerazione delle vendite via Internet attraverso canali sempre più variegati, sta portando, infatti, ad una maggiore trasparenza dei prezzi. Questa, unita alla crescente offerta di prodotti online, non potrà che portare a una pressione sui prezzi stessi. In poche parole, non sarà più così facile per i brand aumentare i margini agendo al rialzo sui propri listini. In questo senso, si può dire che Internet stia evidenziando l’aspetto più concreto della ‘democratizzazione’: un più facile arbitraggio al ribasso, dunque, una riduzione del premium price. In questa prospettiva, si complica ulteriormente la strategia dello sviluppo retail, già messa alla prova dalla saturazione dei mercati. Si può affermare, dunque, che il lusso stia entrando in una nuova fase, in cui il miglioramento delle performance, non potendo far leva sulle nuove aperture dei negozi, dovrà passare necessariamente attraverso una maggiore efficienza. In questo ambito, diventerà quindi cruciale una sempre più sofisticata gestione del Crm (customer relationship management). Magari andando ad attingere know-how da settori come automotive, entertainment o grande distribuzione, meno viziati del lusso dalla crescita facile, e che, da anni, si confrontano aspramente sulla conquista del cliente in mercati a crescita zero. Ecco perché i cambiamenti in atto proseguono ben oltre la fine della passerella.
David Pambianco