Le aziende del settore quotate sui listini internazionali hanno archiviato il 2015 con forti rialzi. I colossi chiudono in doppia cifra. Top performer Amore Pacific (+86%).
La bellezza straniera si trucca in Borsa. Le principali aziende e multinazionali del settore beauty sono infatti quotate, sulle diverse piazze internazionali, eccetto in Italia. Anche se l’Italia è uno dei principali produttori di cosmetici (basti pensare che il 60% dei prodotti per make-up del mondo è prodotto nella Penisola), e ci sarebbero aziende con i presupposti e i numeri per la quotazione, in Piazza Affari non ci sono matricole nella sezione bellezza. Da Parigi a Francoforte, a Seul o Tokyo fino a New York i principali gruppi del settore hanno scelto invece la strada della Borsa come strategia per la propria crescita. Il 2014 era già stato un anno positivo per il comparto in Borsa, e il trend si conferma anche nel 2015, nonostante un rallentamento del business verso l’estremità inferiore delle previsioni (crescita vicina al 3,5%, secondo le stime di L’Oréal). Anche se gli scorsi dodici mesi sono stati difficili per i principali listini mondiali a causa delle difficoltà di alcuni mercati come Russia e Cina, le principali società quotate hanno raggiunto incrementi dei titoli a doppia cifra.
ALTALENA WALL STREET
Bellezza altalenante alla Borsa di New York. Infatti, tra le principali aziende quotate c’è chi ha avuto ottime performance e chi invece pesanti cali. Tra quelle che da inizio anno sono cresciute di più c’è il titolo Coty che nel periodo (dal 1 gennaio al 31 dicembre) è salito del 26,7% passando da 20,23 a 25,62 dollari per azione. Nello scorso esercizio, il colosso della profumeria ha archiviato l’esercizio fiscale tornando all’utile. In dodici mesi, infatti, il gruppo è passato da una perdita di 97,4 milioni di dollari a un utile di 232,5 milioni (209 milioni di euro). Tra i diversi segmenti dell’offerta produttiva hanno segnato un +8% i color cosmetics, mentre le fragranze e lo skin care hanno guadagnato rispettivamente il 2% e il 5 per cento. Bene anche il titolo Estée Lauder che sul listino è cresciuto del 17,9 per cento. Il gruppo dei cosmetici ha annunciato, lo scorso novembre, di aver archiviato una trimestrale superiore alle attese. Il periodo luglio-settembre (primo trimestre) si è chiuso con un utile di 309,3 milioni di dollari in crescita del 36% rispetto ai 228,1 milioni di un anno prima. I ricavi sono aumentati del 7,7% a 2,83 miliardi. Gli analisti avevano previsto ricavi per 2,78 miliardi. “Il nostro successo è dovuto al pacchetto marchi e alla loro diversificazione per area geografica, categoria e mercato”, ha sottolineato il presidente e CEO Fabrizio Freda. Estée Lauder per il trimestre in corso prevede un aumento delle vendite del 6-7%, mentre per l’intero esercizio si attende vendite in aumento del 4-5 per cento. Inoltre il colosso del beauty Usa ha alzato il dividendo del 25% a 30 cent ad azione. Male invece per il colosso delle vendite porta a porta Avon che dall’inizio dell’anno ha perso a Wall Street il 54,5 per cento scendendo sulla soglia dei 4,05 dollari per azione. La società, per cercare di invertire il calo delle vendite che dura ormai da quasi 4 anni, culminato nei nove mesi del 2015 con ricavi in calo del 19% a 5,2 miliardi di dollari, a fine dicembre ha ceduto a Cerberus Capital Management l’80% del capitale delle attività nordamericane e oltre il 16% della stessa Avon per un deal da oltre 600 milioni di dollari. Tra i peggiori anche Elizabeth Arden che nel periodo gennaio-dicembre ha perso il 52 per cento. In calo anche i conti della società che ha visto sull’intero anno una perdita di 225,2 milioni di dollari (196,4 milioni di euro), con ricavi in diminuzione del 16,5% a 971 milioni di dollari (847 milioni di euro). I principali incriminati per il crollo delle vendite e dei margini infatti sono i stati i profumi firmati dalle celebrità, in particolare la linea Justin Bieber e Taylor Swift, oltre alla diminuzione delle vendite più del previsto anche nelle catene della grande distribuzione, tipo Wal-Mart. Non a caso tra le misure che il gigante della cosmetica ha messo in campo per contrastare il declino c’è una diversa modulazione della distribuzione, per portare verso l’alto i prezzi dei prodotti, mentre la prossima mossa sarà promuovere linee a maggior contenuto di innovazione.
PARIS JE T’AIME
L’innovazione dei prodotti e gli investimenti sui nuovi canali come l’e-commerce sono le colonne portanti della strategia L’Oréal. Il titolo, quotato alla Borsa di Parigi, ha guadagnato lo scorso anno il 14,7 per cento. Il colosso francese ha chiuso il terzo trimestre con ricavi pari a 5,94 miliardi di euro, in crescita del 10,1% rispetto a un anno prima (+3,7% su base omogenea), grazie principalmente al rafforzamento delle vendite di prodotti consumer e all’andamento del Nord America. “Confermiamo il nostro obiettivo di sovraperformare, ancora una volta, il mercato dei prodotti di bellezza nel 2015 e di conseguire una crescita di vendite e utili”, ha commentato Jean-Paul Agon, presidente e CEO del gruppo. Nel dettaglio, nei nove mesi, la divisione consumer ha totalizzato 8,9 miliardi di euro, confermandosi quella con la maggiore incidenza sui ricavi, mentre la divisione Luxe ha raggiunto 5,1 miliardi. Vola in Borsa la francese Jacques Bogart che totalizza una crescita del titolo del 74,5% a 11,45 euro per azione. Il Gruppo, che possiede tra gli altri Carven Parfums, Méthode Jeanne Piaubert e Stendhal, ha annunciato lo scorso dicembre il successo del suo collocamento privato a investitori istituzionali per circa 16,2 milioni di euro. Il perfezionamento dell’operazione dovrebbe consentire di accelerare lo sviluppo del business retail del gruppo che già possiede, circa 70 punti vendita in Francia ad insegna April. Non è più quotata dal 2008 Clarins. Il gruppo francese è controllato al 100% dai fratelli Courtin-Clarins, che secondo Forbes hanno una fortuna pari a 2 miliardi di dollari.
MATRICOLE CON GLI OCCHI A MANDORLA
Forte anche la presenza di aziende di bellezza nelle principali borse asiatiche. Secondo Euromonitor, nel 2019 l’80% dei ricavi mondiali dalle vendite di trattamenti per la pelle saranno generati dall’Asia. La Corea è tra i Paesi più aggressivi, ma tutta l’area asiatica è in forte espansione, non solo per i consumi ma anche per lo sviluppo dei brand cosmetici, in particolare per quanto riguarda lo skincare. Da alcuni anni ha intrapreso una espansione al di fuori dei confini nazionali, affacciandosi in altri Paesi asiatici, ma soprattutto puntando sulla Cina raggiungendo così il 20% di export. Sulla Borsa di Seul è quotata la società sudcoreana Amore Pacific (marchio praticamente sconosciuto in Occidente) che ha totalizzato una apprezzamento sul listino dell’86,7% nel periodo gennaio-dicembre 2015. Nel 1964 è stata la prima a lanciare le vendite porta-a-porta in Corea, prima di aprire filiali a Tokyo nel 1971 e a New York nel 1972. Il vero passo in avanti è stato l’arrivo a Parigi nel 1990 e l’apertura della fabbrica di Chartres nel 1997, dove vengono prodotti i profumi Lolita Lempicka e Annick Goutal. Da alcuni anni ha intrapreso una espansione al di fuori dei confini nazionali, affacciandosi in altri Paesi asiatici, ma soprattutto puntando sulla Cina dove attualmente controlla il 2,1% del mercato skincare e vorrebbe quest’anno segnare un incremento del 30 per cento. Bene anche per la giapponese Shiseido che, sulla Borsa di Tokyo, ha un saldo positivo di oltre il 48,8 per cento. Il colosso dei cosmetici nipponico ha registrato un fatturato di 411,89 miliardi di yen (pari a circa 3,1 miliardi di euro) nei primi sei mesi del 2015, centrando le sue previsioni. L’utile netto della società è calato dell’83,8% a 4 miliardi di yen (pari a circa 30 milioni di euro), dato in netta discesa, ma comunque più alto rispetto agli 1,5 miliardi previsti in precedenza e dovuto in realtà al confronto con la crescita eccezionale registrata nello stesso periodo dell’anno precedente (+358% nei primi sei mesi del 2014). Questo declino è dovuto “all’assenza di utili derivanti dalla vendita di Decleor e Carita – ha riportato l’azienda in una nota – perché entrambi i marchi sono stati registrati come proventi straordinari dell’anno passato”. Inoltre, nell’esercizio corrente è in atto una fase di transizione che ha visto spostare la conclusione dell’anno fiscale dal 31 marzo al 31 dicembre e per questo motivo le stime del 2015 si riferiscono a un periodo di soli nove mesi invece di 12. Per il 2015 Shiseido si attende un utile in calo del 52,8 per cento.
di Chiara Dainese