Il 2015 è stato un anno dai cambiamenti accelerati per il mondo della moda. I mercati sono stati scossi dalle tempeste valutarie. Le economie ‘reali’ hanno rimescolato gli equilibri, con una netta accelerazione americana e un rallentamento cinese ai due opposti del globo. I cambiamenti nei comportamenti di consumo hanno imposto ripensamenti delle strategie al retail (sempre in Asia), e i fenomeni internet e social hanno richiesto un generale riposizionamento sul mondo virtuale.
In questa entropia, è il momento di interrogarsi sulla posizione italiana. Il 2015 è stato un anno in cui si è iniziato a parlare di ripresa, in termini macroeconomici e di tendenze dei consumi. Secondo il Censis, per la prima volta dall’inizio della crisi economica, la quota di famiglie italiane che nell’ultimo anno ha aumentato la propria capacità di spesa risulta superiore a quella delle famiglie che l’hanno invece ridotta. Il mondo allargato della moda, intesa tutta la filiera, è tornato a respirare in diversi segmenti fino a ieri rimasti sott’acqua, come le aziende a monte.
In generale, dunque, si è ricominciato a percepire un vento di fiducia. Ed è un’importante stimolo per il sistema. Ma occorre sottolineare che, per quanto vitale, si tratta ancora di una “percezione”, piuttosto che di un solido riscontro nei numeri. Questa “percezione”, peraltro, ha un’origine precisa. Cioè, non sembra legata a una reazione strutturale del sistema, bensì appare un riflesso del rinascimento milanese.
È fuori di dubbio, infatti, che per Milano il 2015 abbia rappresentato un anno di entusiasmante rinascita. Come raccontato nel precedente numero di Pambianco Magazine, la città è tornata ad accendere l’interesse internazionale. L’effetto combinato del restyling immobiliare della città (al termine di un percorso più che decennale), gli investimenti legati a Expo e i flussi turistici dell’esposizione universale hanno posto le condizioni perché si accendessero i riflettori. Ma la moda ha fatto molto di suo. Il rinnovo strutturale della Camera della moda, le aperture di Fondazione Prada e Armani Silos, il restyling della Galleria, la differenziazione progressiva sul food e sul vino che hanno rivitalizzato in centro della città (si pensi alle operazioni Cova e Marchesi, nonché all’iniziativa della Vendemmia in Montenapo). Senza contare che Milano è riuscita a riproporsi, nelle ultime sfilate, anche come trend setter di costume (vedi il rilancio del marchio Gucci).
Ebbene, la sensazione è che il resto dell’Italia ancora faccia fatica a tenere il passo di questa rinascita milanese. Questo, da un lato, smussa l’entusiasmo di chi parla di una moda uscita dalla crisi. Ma, dal lato opposto, va interpretato come una grande occasione. La moda ha ritrovato la sua capitale. Saperla valorizzare al massimo è un’opportunità da non perdere per l’intero sistema.
David Pambianco