C’è un filo conduttore pop nella tornata di sfilate appena terminata. Non si tratta di una tendenza stilistica, ma di un fenomeno sociale, con forti integrazioni social (cioè, sui social media). A suggellare questa tendenza è stata la sfilata di Givenchy che ha inaugurato le passerelle di New York: Riccardo Tisci ha infatti ‘aperto’ lo show al pubblico, mettendo in piedi un evento da ben 1.200 spettatori, buona parte dei quali invitati attraverso un concorso online e sui social media. Una sorta di democratizzazione della sfilata, che ha spinto al culmine la metamorfosi della barriera concettuale tra l’elite luxury e il (pop)olo esterno.
La svolta di Tisci, del resto, appare come una presa d’atto di una realtà ormai condizionata proprio dalla difficoltà di mantenere alzate le barriere di ieri: le opportunità tecnologiche che consentono la diretta e la condivisione istantanea di tutto, anche l’acquisto dei capi in tempo reale, rendono obsoleto qualsiasi tentativo di separare il pubblico dagli addetti ai lavori che una volta erano gli unici a poter vedere le collezioni con sei mesi di anticipo. Laddove c’era curiosità e attesa, oggi c’è l’emozione immediata. Ed è questa emozione che va gestita e coltivata.
Questo nuovo equilibrio tra la moda e il pubblico è emerso anche nella fashion week milanese. Non c’è stato l’episodio ‘chiave’ come quello di Tisci a New York. Ma, in generale, si è rivelata in modo piuttosto chiaro la volontà di ricercare l’evento. Anzi, la volontà di enfatizzare l’evento, piuttosto che il contenuto dell’evento stesso, cioè, le collezioni. Si possono leggere in questo senso i selfie delle modelle di Dolce e Gabbana, la mega location in stile palazzetto di Versace, la performance della cantante Courtney Love in piena sfilata di Philipp Plein, il car washing avviato sulle passerelle di Moschino. Tutte situazioni che hanno ‘bucato’ i social media, sono stati cioè condivisi e rilanciati su ogni genere di rete. Ben al di là di quanto non lo siano state le proposte stilistiche.
Questo sembra coerente con la sensazione riportata dagli osservatori di moda, che parlano di una fashion week molto ricca di iniziative, ma senza grandi idee. Osservare le collezioni, ha scritto qualcuno, è stato come osservare le strade confuse e multiformi di ogni metropoli. E gli stilisti sono parsi inseguire non un piano determinato, bensì l’obiettivo di vestire il più ampio numero di persone possibili.
Il nuovo lusso, insomma, sembra aver accettato l’idea di un confronto più continuo e più ampio con il pubblico. E questo, probabilmente, è il motivo della confusione creativa. L’obiettivo di evidenziare gli hashtag in ogni invito era quello di conquistare follower, visioni e condivisioni. La sfida pop è stata lanciata. Ora si tratta di saperla guidare.
David Pambianco