Belli quegli abiti in lana che sfilano in passerella, ma chi bada davvero alla morbida materia prima piuttosto che all’etichetta? Pochi, per la verità, almeno questo è quello che pensano i big della lana, tutti riuniti al focus di venerdì scorso ‘The wool supply chain and the consumer’, l’incontro organizzato nell’ultima giornata dell’82/a edizione del congresso mondiale dell’Iwto (International Wool Textile Organisation), la tre giorni dedicata al futuro della lana. Durante l’incontro, che per la prima volta si è svolto in Italia, a Biella, l’area tessile più importante del Paese con le sue 900 aziende, erano tutti d’accordo su un punto: bisogna comunicare in maniera più incisiva l’universo della lana.
Sì, l”universo’, perché dietro a ogni capo c’è una quantità di cose da sapere che però ”la nuova generazione di consumatori non ha tempo di approfondire, per capire cosa rappresenta la lana e soprattutto che è la fibra a dare forma al design” ha detto il direttore artistico di Costume National Ennio Capasa. Un’urgenza, quella emersa durante il confronto, condivisa da tutti i partecipanti, dal CEO di The Woolmark Company Stuart McCullough (“serve un piano di marketing più concreto”) alla direttrice di Vogue Italia e L’Uomo Vogue Franca Sozzani (“dobbiamo mostrare l’origine e non il prodotto finale'”), da Pierluigi Loro Piana di Loro Piana (“dobbiamo difendere la materia prima e aiutarla a parlare”) al vicepresidente di Iwto Piercarlo Zedda.
Per evitare che le aziende chiudano e promuovere la qualità della lana, dunque, la filiera sa che il futuro sarà la comunicazione, ma anche se tanto si è detto, non è emerso un concreto programma di investimento o un vero progetto di marketing.
Ma un cambiamento è necessario, perché se è vero che per il 65% dei consumatori la materia prima conta molto o moltissimo nell’acquisto di un prodotto di fascia medio-alta (dati di Area Studi Diomedea ricavati da un’indagine su 122 dettaglianti italiani) è vero anche che “più si va in profondità – ha spiegato Enrico Cietta di Area Studi Diomedea – meno il consumatore è in grado di riconoscere il valore di certi capi, per cui può accadere che preferisca un prodotto meno raffinato solo perché costa meno, oppure perché porta sull’etichetta il nome di un grande brand”.