Il famoso brand del coccodrillo Lacoste passa di mano. Il gruppo svizzero Maus Frères, che già detiene il 35% dell’azienda attraverso Devanley, ha raggiunto un accordo con un gruppo di eredi Lacoste per l’acquisizione di un ulteriore 30,3%. Secondo quanto reso noto da un comunicato, l’operazione riconosce all’azienda un valore tra 1 e 1,25 miliardi di euro, portando così la transazione ad un ammontare complessivo tra i 300 e i 378 milioni di euro.
La società elvetica, che nel 2011 ha registrato un fatturato di 5,3 miliardi di franchi svizzeri e detiene in portafoglio i marchi Gant e Aigle, aveva giù ufficializzato l’intenzione di comprare Lacoste, che nel 2011 aveva raggiunto ricavi per 1,6 miliardi di euro.
A favore di Maus Frères hanno giocato i dissidi interni alla famiglia Lacoste che hanno portato ad un vero e proprio colpo di scena il 24 settembre scorso. Tutto è iniziato prima dell’estate quando il presidente Michel Lacoste ha deciso di lasciare l’azienda e passarne la guida alla nipote Béryl. Parte della famiglia però si è schierata con la figlia di Michel, Sophie, attrice teatrale che secondo il padre non conosce nulla della Lacoste. Senza preavviso, il CdA di Lacoste ha eletto Sophie presidentessa, con l’intenzione, subodorata da Michel, di vendere l’azienda a Maus Frères. Per spiazzare i suoi oppositori, Michel ha dunque deciso di giocare d’anticipo e venerdì 26 ottobre ha venduto lui stesso, con i familiari rimastigli fedeli, le proprie quote (il 30,3% dell’azienda). Concedendo così al gruppo svizzero la maggioranza di Lacoste.
La faida familiare è, però, solo all’inizio. Esiste infatti un diritto di prelazione per i familiari, i quali hanno già chiarito la loro intenzione di farla valere per “assicurare la perennità del controllo familiare”.
Il mondo della moda ha una lunga storia di dissidi familiari che hanno provocato scandali, crisi o profondi riassetti di aziende consolidate. In Francia è ancora forte l’eco provocato dagli scontri interni alla famiglia di controllo di l’Oreal, in particolare per la causa intentata dalla figlia contro la novantenne Liliane Bettencourt, situazione che provocò anche uno scandalo politico.
In Italia, la storia non ha risparmiato le grandi dinastie. Emblematico il caso Marzotto dove l’uscita di scena del carismatico conte Pietro negli anni Novanta lasciò le famiglie Marzotto e Donà delle Rose incapaci di ritrovare unità. Dopo divergenze su operazioni strutturali (come l’Opa su Zignago), la dinasty condusse all’ingresso nel capitale di investitori che hanno spinto sulla finanziarizzazione, portando a una separazione societaria tra Lusso (con la Valentino Fashion Group, oggi in mano al Fondo del Qatar) e Tessile.
Uno dei passaggi più critici è stato quello dei dissidi della famiglia Gucci, già negli anni 80, che ha aperto le porte a investitori esterni dando il via al processo che, vent’anni più tardi, ha portato al completo trasferimento del capitale in mani francesi.