Dietro la valanga azzurra di Prada, Armani e Versace, Roberto Cavalli e Diesel ci sono quindi le nuove leve pronte a prendere il testimone. «Hanno bilanci da fare invidia alla Tod's ma, soprattutto, in comune hanno una cosa: la combinazione felice dello stilista con la capacità di gestione dell'imprenditore» .
A spiegare il fenomeno è Carlo Pambianco che come consulente da anni analizza il sistema moda e lusso. Le nuove scommesse del made in Italy seguono tutte un modello preciso: “Sono di fatto aziende commerciali”, spiega Pambianco. “All'interno c'è il team creativo che realizza i modelli, e la struttura di vendita. Ma la produzione è al 100% in outsourcing. Il grande valore che custodiscono è il marchio sul quale investono moltissimo, in termini di comunicazione e ricerca”.
Tra i nuovi imprenditori della moda lo studio Pambianco ha selezionato dieci talenti le cui aziende si sono distinte per la creatività negli utlimi cinque anni e soprattutto la redditività. Questo piccolo drappello, infatti, nel 2004 ha in media macinato un ebitda del 14% e un rapporto utile netto suo ricavi del 6,4%. Battendo i primi dieci gruppi mindiali del lusso che hanno registrato un rapporto del 4,6%.
Campione su questo fronte è la Frankling & Marshall che ha chiuso il bilancio 2005 con un utile pre tasse intorno al 15 % e, per la prima volta dopo tre anni di espansione vorticosa, con ricavi stabili.
“Tutte queste aziende in crescita veloce sono importanti inserzionisti pubblicitari: investono tra l'8 e il 10% del fatturato, con punte fino al 15 %”, spiega Pambianco. Tra queste si colloca la Geospirit di Lucca, uno dei casi più eclatanti di espansione rapida. Gli imprenditori sono Graziano Giannelli e Mauro Paganelli, già inventori dello storico marchio Ciesse e più tardi di Geospirit che firma capispalla tecnico-sportivi.
La Fgf di Padova è invece diventata il centro produttivo in licenza di una nuova generazione di marchi dello smart casual. È qui che vengono realizzate le magliette col cuore griffate Sweet years, la collezione inventata dai calciatori Vieri a Maldini la cui capofila Go old '50 di Milano nel giro di due anni è arrivata da zero a quota 10 milioni di ricavi.
Ed è sempre nella provincia di Padova, cuore storico del jeans creativo, che ha sede la Dynamc jeans manifatture (Djm) di Giancarlo Bigotto. Come Enzo Fusco, l'imprenditore veneto ha fatto esperienza lavorando per il lancio del marchio Americanino. E da qualche anno è sul mercato con un brand nuovo di zecca, Take Two, per il quale ha arruolato il giovane creativo Luigi Martellato. I ricavi dell'Azienda crescono a ritmi del 15-20% all'anno. Bigotto gestisce ormai un business da 70 milioni di ricavi (40% all'estero) con un margine operativo tra l'11 e il 12%.A tirare la crescita è la Germania dove i jeans Take Two sono diventati un fenomeno di moda consolidato.
Ai primi posti della classifica si attesta anche la fucina dei fratelli Ciro e Pasquale Ambrosio, coproprietari di Ambrosio group, che sei anni fa hanno trasferito la Toro esperienza di fornitori di catene commerciali e grossisti in una nuova catena cui fanno capo i marchi Extyn Italia, Bloom a Giorgia & Johns. In cifre, 150 negozi di proprietà, 120 in franchising, un magazzino che muove centomila capi al giorno, un quartier generale di 22 mila metri quadrati. Qui si concentra la progettazione e l'organizzazione distributiva, mentre la produzione viene realizzata da un indotto costituito da cento aziende, tra Campania, Tunisia, Romania e Far East. «Il nostro modello è Zara: il 35% è produzione programmata, il 65% viene dal pronto moda», spiega Pasquale Ambrosio. Il 2005 si chiuderà a fine febbraio con un fatturato di poco meno di 100 milioni (l'ebit è di 9) con una crescita del 35%. La sfida dei prossimi anni è lo sviluppo sui mercati esteri che rappresentano solo il 10% dei ricavi. L'obiettivo è raddoppiare i ricavi nel 2008 (l'ebitda target è del 15%) con un piano di investimenti di 40 milioni. È con questi numeri prospettici ambiziosi che i fratelli napoletani si apprestano ora, per la prima volta, a presentarsi al sistema bancario per finanziare la crescita dei prossimi anni.
Estratto da Il Mondo del 10/02/06 a cura di Pambianconews