L'architetto Lissoni, classe 1956, artefice di collezioni di nomi come Alessi, Cappellini, Glas, Tecno, Living Divani, Cassina, Kartell e Poltrona Frau attualmente sta ultimando tutte le nuove collezioni “in progress” di mobili che al salone milanese poteranno la sua firma. In particolare una superproduzione per Boffi, di cui è anche Art Director. Ha cantieri aperti ovunque: a New York per gli interni dello yacht-sailer Ghost, a Miami per un resort con annessi albergo, appartamenti e centro commerciale, a Tokyo, Zurigo e Venezia per alberghi e alle Turks & Caicos per una serie di ville resort di lusso. In più ha appena presentato a Tokyo la prima collezione di mobili per Fritz Hansen.
Vista dall'interno, quella del design in Italia, è una macchina che funziona?
«Secondo me è una macchina in movimento anche se per motivi paradossali. E´ talmente spaventata che si prende molti rischi e spesso ha fortuna. Rispetto ad altri settori quello del mobile ha un management molto più rustico però anche vitale. Trovo invece terribili quelle aziende che, specialmente nelle realtà del mercato di fascia bassa, con la scusa della crisi portano tutto in Cina dopo che in Italia hanno sfruttato anche l´ultimo albero. Considero molto più onesti quegli industriali italiani che sviluppano parte dei loro prodotti in Cina ma poi li riassemblano in Italia».
Parliamo inevitabilmente di Cina allora. Cosa ne pensa?
«La Cina è esattamente quello che eravamo noi trenta anni fa. E´ vero e corretto scandalizzarsi per i cinesi, ma è anche inutile. Sono un nemico numericamente, e non solo, troppo forte che non si può combattere. Più che altro bisogna smettere di essere così stupidi da fornirgli tecnologie e poi lamentarsi perché si sviluppano con rapidità. Così facendo si mischiano troppe rapacità. Per tenere il passo il made in Italy non è più sufficiente bisogna essere innovativi».
Come giudica i nuovi gruppi del lusso, gestiti da fondi industriali o finanziari, che avanzano sul mercato?
«La fascia del super lusso è molto difficile perché è realmente estrema. Detto ciò si comporta bene sul mercato, al punto da essere riuscita a modificare, il design di colossi come l´Ikea. E´ l´unica che ha avuto la forza di dare un cambiamento al gusto che parte dal basso. Non basta però produrre bene ci vuole anche un appeal e l´unico che finora è riuscito con successo è Cappellini. Comunque se i grandi gruppi finanziari hanno scoperto il mobile, ben vengano. Almeno portano nuova linfa. Tenendo però presente che un conto è vendere scarpe e uno vendere divani».
Per combattere la concorrenza cosa può fare il made in Italy?
«Il made in Italy è la capacità di scoprire talenti e, per fare un esempio, di reinventarsi le scarpe da ginnastica facendole diventare belle anche per andare a una festa o al cinema. Diciamo che il made in Italy è anche legato alla nostra capacità cialtronesca di sopravvivere. Grazie a ciò siamo in grado di andare ovunque: nel bene e nel male». «Bisogna lavorare sulla medio alta e diventare venditori d´idee. Sul mercato di massa non ci difendiamo».
Estratto da Affari&Finanza del 6/02/06 a cura di Pambianconews