Familiare è bello. Anche se i problemi non mancano: il «capitalismo di famiglia» all'italiana si scontra con la globalizzazione dei mercati e con mille questioni di competitività, è stretto nella morsa del ricambio generazionale e costretto a sciogliere i nodi della governance. Ma quello che per decenni è stato il modello base dell'economia nazionale resta un suo paradigma positivo. Ne è certo Mario Boselli, presidente dell'Aidaf, l'Associazione delle aziende di famiglia che conta 170 associati con un fatturato globale di 150 miliardi di euro e 475 mila addetti.
Presidente Boselli, qual è la formula vincente delle imprese di famiglia?
Credo che la delocalizzazione mirata possa aiutare molti a ritrovare la competitività perduta. I problemi che le imprese italiane si trovano oggi ad affrontare non riguardano il segmento dell'eccellenza. Il vero terreno di scontro è sulla fascia intermedia, la più esposta alla concorrenza. Per questo è necessario mantenere in Italia le componenti più pregiate del lavoro e delegare a terzi le attività meno strategiche. Bisogna rendersi conto che non è più possibile arroccarci sulle posizioni tradizionaliste.
A proposito di ricambio generazionale, qual è il modo migliore per gestirlo?
Si dice che un buon imprenditore deve essere tale anche da morto. Al di là della battuta, è chiaro che il passaggio del testimone va preparato con largo anticipo. Bisogna responsabilizzare i giovani, magari affidando loro piccoli budget da gestire in autonomia. L'affiancamento da parte dei senior è indispensabile.
Estratto da Economy del 18/02/05 a cura di Pambianconews