Giacomo Santucci, ingegnere nucleare, master in Business Administration alla Bocconi, 48 anni, è l'uomo che ha cambiato la filosofia di Gucci senza cambiare lo stile. Operazione che sembrava impossibile, ma che ha costruito con tenacia, senza lasciarsi intimidire da qualche segnale di scontento del mercato. «Una reazione naturale, spiega Santucci. Forse sembrava un po' troppo timida, come difesa. Ma era perfettamente motivata e razionale perché rispettava l'anima più profonda del marchio».
Però rompeva dieci anni di star system, di visibilità assoluta dello stilista, che era stato al centro del la comunicazione.
«E' vero. Abbiamo rotto un sistema di valori cominciato negli anni Ottanta e basato sull'eccitazione dell'immagine, il bagliore dell'evento, la notorietà del creativo. Una specie di vertigine barocca che si è chiusa. Oggi, il grande valore per noi è il brand. Niente è più importante che tutelarlo e preservarlo».
Non le sembra che suoni come una smentita alla politica seguita fino a pochi mesi fa?
«AI contrario. Noi possiamo scegliere questa strada perché c'è stato chi ha saputo inventare uno stile che è diventato il patrimonio dell'azienda. Per questo abbiamo scelto chi lavorava in Gucci da tempo e conosceva i meccanismi aziendali, la struttura interna, il valore della fabbrica. Soprattutto, chi si era naturalmente modellato lavorando con Tom Ford e contribuendo, in modo anche importante, alla nascita delle collezioni precedenti».
Estratto da CorrierEconomia del 18/10/04 a cura di Pambianconews