La paralisi che ha lasciato il mondo senza fiato dopo l’11 settembre ha colto Bulgari, marchio esposto per definizione a una crisi dei consumi, proprio nel momento in cui stava producendo il massimo sforzo di espansione. I primi nove mesi dell’anno sono stati dorati: +24% nel fatturato, salito a 540,3 dai 436,7 milioni di euro dello stesso periodo del 2000, periodo che a sua volta aveva visto una crescita del 47% rispetto all’anno precedente. Una marcia travolgente, sulla quale però ora si è abbattuto un muro di incertezza e paura.
Francesco Trapani, amministratore delegato del gruppo, non fa nulla per nascondersi la gravità del momento: «Lo scenario di riferimento è cambiato completamente, e anche noi abbiamo dovuto definire un piano per affrontare l’emergenza. Faremo meno lanci di prodotti di quelli che avevamo preventivato, meno eventi, meno marketing. Ci concentreremo nelle attività a maggior valore aggiunto: apriremo meno negozi, e solo in posizioni strategicamente ben consolidate».
La quota dell’America nel fatturato Bulgari è scesa dal 22 al 16% fra i primi nove mesi del 2000 e quelli del 2001. A crescere sono l’Italia (dal 12 al 14%) e l’Europa (dal 23 al 26%). Quanto ai ricavi, sono stati nei primi nove mesi inferiori per I’8% in America e superiori per il 41% in Italia e per il 37% in Europa. Persino in Giappone, in recessione da anni, il fatturato è aumentato del 24% (immutata l’incidenza del 22% sul complesso delle vendite Bulgari).
I dati del terzo trimestre (luglio-settembre) cominciano a risentire della crisi, perché il fatturato è cresciuto in questi tre mesi solo del 10%, e l’utile è crollato del 60% rispetto allo stesso periodo del 2000. Per il trimestre in corso le prospettive sono nere. Prevediamo che anche l’intero 2002 sia difficile, con i primi sei mesi molto più difficili dei secondi. Poi, probabilmente, vedremo la luce».
sintesi dell'articolo di Eugenio Occorsio a cura di Pambianconews