Tutto sommato il 2001 può essere giudicato un anno positivo per il tessile. Il sistema ha retto, in un periodo che sembrava destinato alla caduta degli ordini e del fatturato.
Lo shock ha colpito il tessile alla fine di un periodo di profonda trasformazione, cominciata dopo un altro shock, quello del Far East, che colpì l'economia mondiale quattro anni fa. Con la crisi era diventata ancora più pressante l'azione dei concorrenti, delle economie che cercavano la via dello sviluppo in un'industria dove il lavoro ha un'altissima incidenza sui costi e perciò la manodopera a prezzi irrisori diventa uno strumento vincente nella competizione.
L'industria italiana della moda sollecita da tempo una reale apertura dei mercati internazionali.
Il problema principale è la reale applicazione dell'accordo di Marrakesh, dove è prevista una progressiva liberalizzazione reciproca degli scambi internazionali di tessile-abbigliamento, con l'eliminazione delle quote all'import. La reciprocità è inesistente, denunciano le imprese europee, perchè i più importanti esportatori mantengono i loro mercati completamente preclusi ai nostri prodotti: con una mano, smantellano, molto lentamente, le barriere tariffarie, con l'altra, alzano barriere non tariffarie sempre più alte.
sintesi dell'articolo di Alessandro Balistri a cura di Pambianconews