Il settore non brilla. Il 2001 è cominciato male, con un calo delle esportazioni nel primo trimestre del 14,3%. Ma la fiducia non viene meno.
A Vicenzaoro2, in corso in questi giorni, puntuali si sono presentati i visitatori e i compratori. Ma i problemi sono di altro tipo: strategie e obiettivi da raggiungere. Alessandro Biffi, Presidente di Federorafi, cosciente del momento no, traccia un parallelo con la situazione in cui si trovava la moda una quindicina di anni fa, prima che si imponesse il Made in Italy. Anche il settore orafo avrebbe bisogno di un Made in Italy, ma continuano a prevalere logiche individualistiche con l'attenzione rivolta quasi esclusivamente alla produzione.
L'industria orafa inoltre ha ottimi livelli di innovazione e qualità ma non controlla la catena distributiva e le vendite. Salve rare eccezioni, manca poi una politica di branding che dia valore aggiunto al prodotto, che così si trova a competere con paesi dove la manodopera costa meno, come la Turchia, la Malesia o Israele.
Bisogna ricreare il sogno, la magia intorno all'oggetto prezioso, suggerisce Giordano Galante, Presidente degli artigiani orafi di Vicenza. E in attesa che il comparto, che realizza comunque oltre 11.000 miliardi di export, compia le sue scelte, la Fiera di Vicenza punta al mercato cinese. L'obiettivo è andare a presidiare mercati fino ad oggi presidiati da Hong Kong e Panama, che hanno straordinarie prospettive di sviluppo.