E’ Patrizio Bertelli, marito di Miuccia Prada l’uomo che nel giro di un decennio ha portato il gruppo a competere con un colosso come LVMH, che ha compreso l’importanza di un’azienda integrata dalla produzione alla distribuzione e che ora intende portarla in borsa. L’aggressiva campagna d’acquisti: da Jil Sander a Church, da Fendi(con LVMH) a Helmut Lang da un lato ha collocato il gruppo tra i grandi, ma dall’altro ha fatto crescere i debiti, per questo occorrono grandi investimenti.
L’arrivo di Prada in borsa era stato preannunciato ufficiosamente per aprile, ma ora sembra rimandato a giugno a causa dell’economia in rallentamento.
I punti di forza del gruppo sono il suo marchio che conosciuto in tutto il mondo e appetibile agli investitori esteri, realizza il 30% del suo fatturato tra FarEast e Giappone e un altro 25% negli Stati Uniti e una ricca rete capillare composta da 400 negozi nei quali realizza il 60%-/70% delle vendite. L’indebitamento (il dato più recente è di 1250 miliardi di lire di fine ’99) al contrario è uno dei principali punti di debolezza.
La Prada holding ha superato i 3200 miliardi di ricavi consolidati e stima di arrivare quest’anno a 3600. L’Ebitda è stato di circa 600 miliardi .Questi numeri sono risultati un po’ inferiori rispetto alle previsioni, ma la dimensione raggiunta dal gruppo è uno dei punti forti. Gli analisti consigliano Bertelli di non esagerare sul prezzo, l’elemento centrale dell’Ipo, poiché date le condizioni del mercato è opportuno un prezzo adeguato e non troppo a premio sul resto del settore, si dimostrano inoltre favorevoli alla quotazione immediata in quanto i prezzi di oggi non sono lontani da quelli di un anno fa e aspettare non aiuterebbe all’immagine del gruppo. Scettici, invece sull’acquisizione di Church che se è un marchio di lusso in Italia non lo è nel resto del mondo.