L'offerta pubblica di acquisto lanciata ieri sul 100% di Simint ha fatto schizzare il titolo, poi sospeso per eccesso di rialzo, che ha infine chiuso a 6,22 euro (+18,94%) con volumi di scambio record.
L'offerta, che rientra in un piano più ampio di riassetto strategico e organizzativo delle attività industriali del Gruppo Armani, non è arrivata a sorpresa. Da almeno due anni il titolo non si muoveva praticamente più e le prospettive di crescita della società apparivano deboli in assenza di nuove licenze da produrre. La profittabilità era declinata.
Il bilancio 2000 fa segnare 390,7 miliardi di fatturato e un utile di 58, in calo dell'11,1%. Mantenere Simint in Borsa non ha più senso e adesso Armani può toglierla dal mercato a un buon prezzo. In caso di adesione totale la spesa complessiva si aggirerà sui 262 miliardi di lire e verrà coperta con risorse interne.
L'operazione Simint, che partirà a giugno dopo la distribuzione del dividendo, è soggetta al raggiungimento di almeno il 67% del capitale. E rientra nella logica di altri interventi dello stilista milanese per rafforzare il controllo sul gruppo e sul marchio. Come l'acquisizione da GftNet dei due stabilimenti produttivi delle linee uomo e come la creazione delle joint venture produttive con Vestimenta e Zegna.